Lo spinoso dibattito sulla "una cum": la Messa in comunione con Francesco è valida?
Il dibattito in corso nel mondo cattolico ignorato dai media generalisti
Oggi è l’Epifania, importante festa cristiana, di precetto, e i cattolici vanno a messa.
Sono però alcuni anni che nel mondo cattolico si agita una questione tremenda che i media generalisti si guardano bene dal portare in superficie. La domanda ferale è: “la Comunione fatta “una cum” - in comunione con - papa Francisco” è valida o no?
Ebbene sì, in molti si stupiranno, ma basta un giro sul web per trovare infuocate discussioni fra teologi.
Tra le varie scuole di pensiero, cercheremo, a tentoni, di trovare un bandolo illustrando le questioni principali, ma raccomandando ai lettori interessati di documentarsi a fondo presso le fonti più accreditate dei vari schieramenti.
Ma vediamo da cosa nasce tutto. La messa, per essere valida, deve essere celebrata da un sacerdote regolarmente ordinato (perfino se scismatico, sospeso, eretico, indegno, peccatore etc.) che abbia volontà di celebrarla. Si devono utilizzare pane di frumento e vino d’uva e, infatti, grande ansia ha causato, due anni fa, la proposta del gesuita Francisco Taborda di farlo, in Amazzonia, con la yuca, un tubero locale.
Inoltre, la consacrazione deve avvenire nel pieno rispetto delle formule liturgiche e, tra queste, una molto importante è la frase “una cum famulo (servo) Tuo Papa nostro…” - "in comunione col Tuo servo, il nostro papa..." contenuta nella preghiera eucaristica e ripetuta varie volte durante la messa dalla quale emerge come sia assolutamente fondamentale la comunione interiore, mentale e spirituale del credente con il papa.
Non è un mistero che Francesco abbia causato una profondissima divisione in seno al cattolicesimo tanto che una fetta consistente di cattolici lo giudica - senza troppi complimenti - eretico, apostata e idolatra. Per alcune decine di migliaia di fedeli, poi, (ad esempio il “Piccolo resto cattolico” coagulatosi intorno a Don Minutella, di cui abbiamo scritto qui) non è nemmeno il vero papa, in quanto Benedetto XVI sarebbe stato costretto a dimettersi e il nuovo conclave sarebbe frutto di una forzatura, come il teologo siciliano argomenta qui. Questa sensazione è però comune a una fetta molto più ampia di cattolici ai quali Francesco non è gradito (secondo varie sfumature) e che resta unita idealmente a Ratzinger, al grido di “il mio papa è Benedetto”.
Una triste situazione, ma per verificare, ottenendo un panorama statistico immediato, basta leggere i commenti sull’account Twitter di Francesco qui. Il bello e il brutto dei social.
Comunque, una parte minoritaria di questi cattolici “ortodossi” considera i sacramenti celebrati in comunione con quello che ritiene un non-papa decisamente non-validi e i loro sacerdoti celebrano messa, più o meno clandestinamente, “una cum papa Benedicto”.
Dall’altra parte ci sono, invece, quei cattolici pure fortemente critici con Bergoglio che, tuttavia, riconoscono come validi i sacramenti celebrati in comunione con lui. Sono i cosiddetti “una cum”, in pratica quelli che masticando amaro, vanno comunque a messa nonostante le varie Pachamame, i barconi coi migranti, le rugiade, i cambiamenti nel messale, le unioni civili etc.
Il paradosso è che però, oltre a Don Minutella e agli altri sacerdoti che non riconoscono Francesco, anche un liturgista del tutto allineato - potremmo dire “bergogliano” - come Padre Enrico Finotti, curatore della rivista di Liturgia Culmen et Fons, sostiene che se non si è in unione spirituale e mentale con papa Francesco non si può fare la Comunione.
“La comunione di fede con il Successore di Pietro non è né «facoltativa» - spiega Don Finotti al blog Aleteia - e neppure «un semplice strumento disciplinare per esprimere e rinsaldare l’unità», ma è un elemento costitutivo e interiore, che pervade dal di dentro il tessuto e la trama del dogma». Leggete qui. Del resto anche Benedetto XVI, quando commentava il Canone Romano, concludeva dicendo: “Non può dirsi in comunione con Cristo chi non è in comunione con il papa”.
Don Minutella, che in linea teorica è dell’identico avviso, obietta però che San Tommaso d’Aquino, nella Summa theologiae, mette in guardia: “Peccat quicumque audit missa haereticorum”, ovvero: “commette peccato chi partecipa alla messa degli eretici”. Il due volte teologo palermitano, punta del fronte antibergogliano, scomunicato per eresia e scisma ma senza regolare processo canonico e senza motivazioni esplicite, cita fatti storici: l’usurpazione della chiesa da parte dell’eretico Ario nel III secolo, i vandeani, i cattolici giapponesi che fecero a meno della messa per 200 anni, il martirio di S. Ermenegildo che si fece uccidere piuttosto che comunicarsi con un vescovo ariano e varie occasioni in cui i cattolici o rifiutarono i sacramenti perché somministrati da eretici, o ne fecero a meno pur di salvaguardare la verità e l’integrità della fede.
Tali vicende confermano quanto insegna San Tommaso: “Rifuggendo dall'ascoltare la messa di tali sacerdoti o dal ricevere la comunione dalle loro mani, noi non rifuggiamo dai sacramenti di Dio, ma piuttosto li RISPETTIAMO”.
In pratica, non riconoscendo come legittimo papa Francesco, un cattolico del Piccolo resto commette sacrilegio partecipando a una messa celebrata in comunione con quello che essi ritengono solo un cardinale, per giunta eretico, idolatra e apostata. E quindi la partecipazione alla messa sarebbe una complicità di cui beneficerebbe l’usurpatore, consolidandosi al potere.
Pertanto, secondo don Minutella, è indispensabile accostarsi ai soli sacramenti celebrati una cum papa Benedicto, anche se rari. Altrimenti si fa il gioco del nemico.
L’obiezione degli una cum a tale questione è però molto incisiva: possibile che un fedele, magari un bambino o un anziano, debba interessarsi di questioni molto superiori alla sua capacità di comprensione prima accostarsi all’Eucaristia, cercando di capire se il papa sia vero o no, se sia eretico od ortodosso? Possibile che Dio lasci senza sacramenti e privi della Sua Grazia le persone semplici?
In tal caso, il magistero ecclesiale ha però da secoli pronta una risposta: il concetto del supplet Ecclesia, ovvero: di fronte alla buona fede e all’inconsapevolezza delle persone, Dio rende comunque validi i sacramenti, ma questo – attenzione - non vale per chi ben conosce l’irregolarità di una situazione.
Se, ad esempio, un fedele entra in una chiesa e si mette in adorazione davanti a un tabernacolo vuoto, ma con il lumino acceso, ritenendo che vi siano davvero conservate le ostie consacrate, agli occhi di Dio la sua azione non è certamente idolatria o vana superstizione: egli ha rivolto in buona fede l’intelletto e il cuore a Cristo dato che, secondo la prassi ordinaria della Chiesa, le ostie avrebbero dovuto essere lì presenti. Quindi, Dio, infinitamente giusto e misericordioso, avrà accolto benignamente quell’atto di adorazione, valutandolo come meritorio e santificante. Ciò avviene anche nei casi in cui – all’insaputa del fedele - il prete non sia, ad esempio, regolarmente ordinato, o se non abbia citato correttamente la formula della messa, o se celebri, magari, in comunione con uno che non è il vero papa. Insomma, la buona fede e la sincerità del fedele sono accolte da Dio.
Questo ovviamente non può valere per chi SA bene o CREDE in coscienza che la prassi sacra non sia stata rispettata, o se SA che il sacerdote non è regolarmente ordinato, o se SA che il pane non è pane e il vino nemmeno, e quindi anche se il papa citato non è il papa, o se nutre fieri sospetti, o se non si sente in comunione spirituale con lui. Ovvero: la consapevolezza del credente che le cose “non siano a posto” rende il sacramento invalido. Ed è logicamente comprensibile, perché sarebbe una forma di consapevole complicità con qualcosa di irregolare.
Il domenicano Padre Francesco Marino obietta a Don Minutella qui:
https://www.youtube.com/watch?v=mvc3uuTd0rA
che, ad oggi, però nessuno è in grado di dire con certezza se Francesco sia o meno il vero papa perché manca una dichiarazione ufficiale. Quindi il fatto che formalmente il papa non sia stato ancora dichiarato eretico metterebbe al riparo i credenti.
Tuttavia, al di là dell’aspetto formale-burocratico, appare abbastanza contraddittorio parlar male tutto il giorno di Bergoglio e poi andare a prendere l’Eucaristica celebrata in comunione con lui. Don Finotti, infatti, spiegava come l’Eucaristia debba essere fatta assolutamente in comunione col papa anche a livello interiore, spirituale e intellettuale.
Tra teologi bergogliani e antibergogliani sembra dunque, che la posizione degli una cum si trovi fra l’incudine e il martello.
Il margine di tolleranza sul quale indagare potrebbe essere: fino a che punto si può essere intimamente in disaccordo col papa regnante per poter fare una Comunione spiritualmente autentica?