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“Ora Benedetto torni cardinale”: la strana questione della talare bianca

Andrea Cionci
Andrea Cionci

Storico dell'arte, giornalista e scrittore, si occupa di storia, archeologia e religione. Cultore di opera lirica, ideatore del metodo “Mimerito” sperimentato dal Miur e promotore del progetto di risonanza internazionale “Plinio”, è stato reporter dall'Afghanistan e dall'Himalaya. Ha appena pubblicato il romanzo "Eugénie" (Bibliotheka). Ricercatore del bello, del sano e del vero – per quanto scomodi - vive una relazione complicata con l'Italia che ama alla follia sebbene, non di rado, gli spezzi il cuore

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Sette mesi fa, Avvenire ci diede degli “imbecilli” perché, in un articolo, avevamo dato spazio ad alcuni dubbi sulla Declaratio di dimissioni di Benedetto XVI - popolata da strani errori di latino - nel quale citavamo gli interrogativi di alcuni religiosi fortemente critici verso Francesco.

qui:

“Come mai Benedetto continua a vestire di bianco, a firmarsi Pontifex Pontificum, a farsi chiamare Santo Padre, a impartire la benedizione apostolica, a vivere in Vaticano e a insegnare la dottrina, non di rado in contrapposizione con Bergoglio?”.

Oggi i nodi vengono al pettine e le stesse domande le pone pubblicamente e con schiettezza il card. George Pell per il quale il ruolo di “papa emerito” deve essere decisamente riformulato: così come è, si presta ad ambiguità pericolose per l’unità della Chiesa. Un papa dimissionario dovrebbe quindi “essere reinserito nel collegio cardinalizio in modo da essere conosciuto come 'Cardinale X, papa emerito' non dovrebbe invece vestire di bianco e non dovrebbe insegnare pubblicamente".

Prima domanda: come mai si apre tale questione proprio adesso, dopo sette anni, mentre Benedetto è in fin di vita? Da diverso tempo, ormai, egli non prende posizioni in aperto contrasto con Bergoglio, sarebbe ormai prossimo a “tornare alla casa del Padre” e, secondo il neo-cardinale maltese Mario Grech, non parla nemmeno più, anche se questa notizia sarebbe stata smentita da Mons. Gänswein (un altro mistero).

Che bisogno c’è di attaccare ADESSO l’anziano papa  Ratzinger e togliergli, da moribondo, le prerogative che ha conservato per sette anni?

Non è un po’, indelicato, quantomeno? Non si potrebbe aspettare la sua dipartita per simili riflessioni?

La risposta fornita da alcuni critici dell’attuale pontificato è scioccante: l’operazione sarebbe volta a spogliare Benedetto XVI della veste pontificale prima che trapassi, altrimenti si sarebbe costretti a celebrare un imbarazzante funerale “da papa”, in talare bianca, dando credito a chi lo ha sempre riconosciuto come unico, legittimo pontefice.

Tuttavia, l’uscita del card. Pell ha fatto esultare gli antibergogliani portando alla luce una questione spinosissima che, da anni, costoro cercavano di porre al centro del dibattito. Che possa essere proprio un larvato assist in loro favore?  

Ma restiamo ai fatti oggettivi e vediamo quali spiegazioni “ufficiali” vennero fornite, all’epoca, sulla questione dell’abito bianco.

Nel febbraio 2014, un anno dopo le dimissioni, giunse al vaticanista Andrea Tornielli una lettera firmata da Benedetto dai toni insolitamente secchi e assertivi per lo stile diafano e adamantino di Josef Ratzinger: «Il mantenimento dell’abito bianco e del nome Benedetto è una cosa semplicemente pratica. Nel momento della rinuncia non c’erano a disposizione altri vestiti. Del resto porto l’abito bianco in modo chiaramente distinto da quello del Papa. Anche qui si tratta di speculazioni senza il minimo fondamento».

Quindi: Benedetto XVI aveva gettato via tutte le sue vecchie talari da cardinale; vi era così tanta fretta che in tutta Roma non si è trovato un sarto ecclesiastico per noleggiare od acconciare una veste nera al papa dimissionario; nemmeno un anno dopo, Benedetto si è fatto rifare una talare da cardinale nera filettata di rosso.

Per chi fosse insoddisfatto di queste spiegazioni, restano sul campo altre due ipotesi.

Papa Benedetto, in realtà, ha un debole per il bianco e, magari, per questioni di stile, proprio non se ne è voluto distaccare. Forse non ha esperienza del significato dei simboli ecclesiastici, così come non conosce molto bene il latino, visto che compie degli errori grammaticali anche nei documenti ufficiali. Magari non era molto lucido o le sue “debolezze” e il suo attaccamento emotivo ai titoli, alle vesti e alle prerogative papali sono più forti del suo amore per la chiesa e per la chiarezza del suo ruolo. Probabilmente a lui non importa più di tanto che un miliardo e 300.000 cattolici siano frastornati dalla presenza di due papi vestiti di bianco, di due Pontifex, due Santi Padri, due inquilini del Vaticano etc.

E’ triste, ma purtroppo è impossibile non registrare un radicale mutamento della personalità di Benedetto dalle dimissioni in poi: da teutonico, scrupolosissimo, sapientissimo guardiano della fede - come è sempre stato conosciuto - sembra divenuto un prelato svagato, poco preparato sul diritto canonico, amante delle ambiguità,  zoppicante in latino e dominato da una fortissima nostalgia per gli orpelli pontificali. Gli scherzi dell’età?

La seconda ipotesi, quella sollevata dai religiosi “contro” è, invece, che Benedetto, de facto, ha sempre continuato a comportarsi da papa, in modo del tutto coerente, perché non si è mai dimesso realmente. Si è condotto secondo quanto aveva scritto nelle sue dimissioni fasulle nelle quali “dichiarava di rinunciare” (non “rinunciava”) al ministerium, ovvero all’esercizio pratico, ma non al munus, all’incarico divino, di fatto, forse, nominando un vicario, un aiutante, ma restando papa a tutti gli effetti.

Le dimissioni invalide - secondo questa ipotesi - scritte appositamente con grossolani errori di latino per attirare l’attenzione, si sarebbero dovute al fatto che, come ventilato in varie sfumature da alcuni vescovi e cardinali (Negri, Lenga, Gracida, Viganò…), Ratzinger sarebbe stato costretto a dimettersi da quella Mafia di San Gallo di cui scriveva il mai smentito cardinale Danneels, e avrebbe ricevuto pressioni anche con il blocco dei conti bancari tramite codice Swift voluto dal clan Obama-Clinton, realmente avvenuto.

Ma allora come si spiega la lettera del 2014 sopra citata inviata al giornale?

Gli è che se Ratzinger fosse stato sottoposto a una detronizzazione forzata,  qualsiasi suo atto, successivo alle dimissioni e in supporto di Francesco (così come anche la lettera inviata a Tornielli) potrebbe non essere del tutto farina del suo sacco o fatto in seguito e, in ogni caso, non-credibile.  

Queste le ipotesi: ognuno si faccia la propria idea.

Tuttavia, la recente uscita del card. Pell rischia di dare forza proprio ai sostenitori di questa ultima tesi. Volontariamente o involontariamente?

 

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