Un libro che finalmente parla di Patria: religione civile fonte di amore e bellezza
Un testo pensato anche per i ragazzi, in vista del centenario del Milite ignoto
Finalmente un bel libro per i ragazzi che parla di Patria: “La religione civile di un popolo”, di autori vari, edito da Gaspari. Iniezioni di vitamine per una gioventù defraudata da decenni di valori-base che, pure, sono la pietra angolare dello stato repubblicano e democratico.
“La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino”, recita infatti l’art. 62 della Costituzione. E allora SI PUO’ e SI DEVE parlare senza imbarazzi - e senza timore che nessuno osi protestare - di questa sacralità laica, della “religione civile” che non risponde ad entità soprannaturali - sulle quali si può legittimamente dubitare - ma a realtà fisiche, culturali, antropologiche, linguistiche, geografiche, etniche, storiche e tradizionali, tangibili ed evidenti per tutti.
Il volume pone al centro l'Altare della Patria, il luogo sacro dell'identità italiana, il simbolo della cosa più importante che hanno compiuto gli italiani nell'ultimo secolo e mezzo: una nazione libera, indipendente e unita.
Ma fu il Cimitero degli eroi di Aquileia il vero punto di partenza del processo identitario, poi riformulato con il Sacrario di Redipuglia.
Il fronte dell'Isonzo è il luogo vero, quello dove s'intrecciano milioni di storie di valorosi ventenni di ogni ceto sociale e regione.
Particolarmente pregevoli, le vere “operazioni verità” su battaglie conosciutissime (come Caporetto, una sconfitta, non certo una “disfatta”, come ci viene dipinta da un secolo) e quella della Bainsizza.
Le storie di singoli soldati, eroi, sono commoventi, esaltanti, coinvolgenti per l’alto carico di “azione” e avventura che comportano. Insomma, ci sono tutti gli ingredienti per affascinare i ragazzi e risvegliare in loro le energie morali e intellettuali più positive, soprattutto nel panorama di desolante abbandono valoriale nel quale sono lasciati da media e, purtroppo, spesso anche famiglie.
Questo libro è strutturato per gli insegnanti e gli studenti affinché recuperino il sentimento di una patria comune e dell'immane sacrificio collettivo compiuto per coronare il Risorgimento, così come è scolpito anche sulle lapidi di ogni municipio italiano. Storia della singola comunità e grande Storia diventano così un tutt'uno.
Purtroppo, in Italia si è assistito a una colpevolizzazione del concetto di nazione e di patria, sia a causa della Guerra fredda e della contrapposizione ideologica, sia perché una storiografia NON SCIENTIFICA ha sviluppato dei giudizi emotivi e tranchant sul nostro passato bellico e sociale, poi branditi come un vero randello ideologico dai media, dall’istruzione e dalla politica.
Una volta scomparsa la monarchia, istituzione che simboleggiava direttamente la continuità con il Risorgimento, una volta scomparsi i partiti liberale e repubblicano che alla sua tradizione si ispiravano, si è insistito solamente sul carattere patologico del patriottismo, visto come sinonimo di nazionalismo estremista che “radicandosi nella paura e nell’odio sviluppa affinità con il razzismo”.
Un processo di livello intellettuale miserevole, paragonabile a quelle criminalizzazioni dell’istituto familiare dovute ai litigi o alle violenze che talvolta si verificano nel suo seno. (A questo punto si potrebbe anche criminalizzare il lavoro perché capitano gli incidenti sul lavoro). Tutto ciò che è aggregazione umana, organismo sociale, istituzione, presenta delle criticità e dei fenomeni corruttivi. L’uomo è fatto così, ma senza queste aggregazioni saremmo rimasti all’età della pietra.
Invece, come spiegava il sociologo irlandese – peraltro marxista - Benedict Anderson: “E’ bene ricordare che LE NAZIONI SUSCITANO AMORE, e spesso amore pronto al sacrificio. I PRODOTTI CULTURALI del nazionalismo (poesia, letteratura, musica e arti plastiche) illustrano questo amore in centinaia di forme diverse. Mentre è difficile trovare analoghi prodotti nazionalisti che producano paura e odio”.
Non è quindi pensabile che si possa continuare a interpretare inni, simboli e tradizioni della collettività, che vanno dal 1870 a oggi come espressioni “fasciste” o “di destra”.
Anzi, questi simboli sono proprio ELEMENTI PACIFICATORI, minimi comuni denominatori, così come il padre di un soldato della Rsi e il padre di un partigiano avevano magari servito, durante la Grande Guerra, nello stesso reggimento sul Carso o sul Piave. La Patria unisce gli estremi opposti, come quando sia sul confine occidentale che orientale, fascisti e Antifascisti collaborarono per difendere i confini dell’Italia dall’invasore esterno. La tradizione, poi, collante identitario, unifica, compatta e seduce in nuovi arrivati, contribuendo a integrarli.
Insomma, un libro da comprare, e da sfogliare con i propri figli. Anche piccoli: è pieno di figure.