Il trito ritornello della “sessuofobia cristiana”: salvezza socio-sanitaria per miliardi di persone
Per favore: basta con questa atroce banalità della “chiesa sessuofobica che per secoli ha caricato la gente di sensi di colpa”. Questo stucchevole ritornello da massoneria romanesca primi ‘900 è stato appena ritirato fuori dalla stampa di sinistra per l’intervento di Bergoglio nell’ultimo libro di Carlo Petrini, guru dello slow food in fricassea progressista. Petrini è uno di quei – laicissimi - sacerdoti della gastronomia che venerano l’Aglio di Sulmona, si fanno benedire col Balsamico di Modena e vorrebbero essere sepolti nella fossa del Pecorino di fossa. Eppure Francesco, che non disdegna di familiarizzare con esponenti di mondi antitetici al Cattolicesimo, ben volentieri si è prestato a scrivere anche nel libro di costui alcuni concetti che, a interpretarli correttamente, non sono affatto una novità, come qualcuno vorrebbe presentarli.
Quella che viene sbandierata come l’ennesima “apertura rivoluzionaria” operata da Bergoglio, in realtà èun concetto ben noto per i cattolici: il godimento dei sensi è un dono di Dio anche se l’uomo è tenuto a beneficiarne in modo non distruttivo o peccaminoso. “Il piacere di mangiare è lì per mantenerti in salute – scrive Francesco - proprio come il piacere sessuale c’è per rendere più bello l’amore e garantire la perpetuazione della specie”. Frasi che proferite oggi in una cultura come la nostra - non proprio assimilabile a quella dell’Inghilterra vittoriana - forse non cascano propriamente a fagiolo: magari potrebbero essere interpretate dai media come un "liberi tutti" (così, infatti, sta avvenendo).
Non sappiamo se e come, nel volume di Petrini, Francesco specifichi come il piacere del sesso sia da considerarsi “all’interno del vincolo coniugale e senza artifici anticoncezionali”, come prescrive la dottrina. Del resto, anche il piacere del cibo, ad essere pignoli, sarebbe da intendersi in una “dieta salutare”. E questo possono condividerlo anche i non credenti.
Come infatti recita il vecchio adagio, purtroppo, le cose più buone o sono proibite, o sono immorali o fanno ingrassare. Ma il tema di questo articolo è che la cosiddetta sessuofobia cristiana, che è stata cento volte più oppressiva nelle puritane chiese protestanti, aveva senz’altro una sua validissima ragione di essere NON DAL PUNTO DI VISTA RELIGIOSO, (che i laici giustamente possono non condividere) ma da quello SANITARIO E SOCIALE.
Eh già. Ci si dimentica sempre che efficaci metodi anticoncezionali, precauzioni sanitarie contro le malattie veneree, assistenza sociale, educazione sessuale sono conquiste recentissime, di pochi decenni fa. Negli ultimi duemila anni di storia occidentale, masse analfabete di miliardi di persone in Occidente hanno vissuto in povertà, in promiscuità, senza cognizioni precise sulla riproduzione, con una medicina che curava le malattie con la carne di vipera (la famosa Theriaca) o con la polvere di mummia ancora fino ai primi del ‘900.
All’ospedale Santo Spirito di Roma, il più antico del mondo, ancor oggi si conserva la “ruota degli esposti”, uno sportello rotante che dal Medioevo, consentiva alle ragazze madri di affidare alle suore il piccolo, senza macchiarsi di infanticidio e senza procurarsi aborti. Nella Città eterna, ovunque, sorgevano ospizi e conservatori per orfanelli, giovani ingravidate senza essere sposate ed ex prostitute, anche se paradossalmente Roma era la capitale europea col più alto numero di meretrici.
Per non parlare delle malattie veneree. Basti citare solo il flagello della sifilide che, subito dopo la scoperta dell’America, divampò in tutta Europa producendo inenarrabili sofferenze a milioni di uomini e donne. A fine ‘400, Alessandro Benedetti, un medico veneziano descriveva i malati che avevano perso gli occhi, le mani, il naso, i piedi: «Tutto il corpo acquista un aspetto così ripugnante, e le sofferenze sono così atroci, soprattutto la notte, che questa malattia sorpassa in orrore la lebbra, generalmente incurabile, o l’elefantiasi, e la vita è in pericolo».
Peraltro, spessissimo, venivano contagiate dai mariti libertini mogli innocenti e spose fedeli, che potevano essere ripudiate finendo in mezzo a una strada. Insomma, tragedie, su tragedie, su tragedie. Questo giusto per dare un rapido affresco. Ecco, allora immaginiamo se, come vorrebbero alcuni, in un contesto sociale del genere, la gente si fosse messa anche a inseguire l’amore libero come a Woodstock. “Sessuofobia? Ce ne è stata troppo poca”. Questo direbbero - se potessero comunicare con noi – i fantasmi di coloro che furono malati, figli orfani, neonati abortiti o abbandonati, mogli ripudiate, persino fedifraghi assassinati, tutte vittime di una “libera” espressione del SESSO SENZA REGOLE in un passato privo dei mezzi e delle conoscenze attuali.
Quindi la sessuofobia, la paura del peccato sessuale e dell’inferno era senz’altro uno dei più efficaci SISTEMI DI CONTENIMENTO per le catastrofi di cui sopra. In sostanza, la stessa preoccupazione che oggi molti nutrono per la propria bellezza e salute fisica - che assume a volte dei tratti fobici - all’epoca era declinata sulla salute dell’anima. Ma ne guadagnava anche quella del corpo. E’ vero: ci sono state persone che hanno vissuto isterie, nevrosi o altri problemi psicologici per questo tipo di restrizioni culturali. Ma vogliamo paragonare i drammi interiori dei pazienti di Freud con i numeri delle catastrofi citate? Pertanto, quegli stessi intellettuali laici che fanno mostra di avere tanto a cuore la storia sociale dei più deboli, delle donne, delle classi meno abbienti, dovrebbero piuttosto accusare la Chiesa DI NON ESSERE STATA ABBASTANZA SESSUOFOBICA.