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In barba a Philippe Daverio: Bankitalia chiude e vende il Salone Margherita, teatro di Totò e Marinetti

Andrea Cionci
Andrea Cionci

Storico dell'arte, giornalista e scrittore, si occupa di storia, archeologia e religione. Cultore di opera lirica, ideatore del metodo “Mimerito” sperimentato dal Miur e promotore del progetto di risonanza internazionale “Plinio”, è stato reporter dall'Afghanistan e dall'Himalaya. Ha appena pubblicato il romanzo "Eugénie" (Bibliotheka). Ricercatore del bello, del sano e del vero – per quanto scomodi - vive una relazione complicata con l'Italia che ama alla follia sebbene, non di rado, gli spezzi il cuore

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Uno sfregio alla storia italiana, all’arte e perfino al recentemente scomparso Philippe Daverio. Al Salone Margherita di Roma, conosciuto in tutta Italia per aver ospitato centinaia di puntate del Bagaglino, hanno ormai staccato la corrente, come denunciato sui social dall'attrice Morgana Giovannetti: “Sono rientrata in quel meraviglioso teatro per riprendere degli strumenti musicali e vedere la muffa sulla moquette blu della platea, proprio lì dove la gente si diverte, ride, applaude e si emoziona, mi ha turbato. Il pensiero che quello potesse essere solo l’inizio di un degrado mi ha fatto male. Ho scattato e postato una brutta foto fatta col flash; centinaia di persone mi hanno appoggiato, hanno partecipato, si sono interessate, mi hanno condiviso e questo mi ha fatto sentire forte e sperare".

Il Covid non c’entra nulla: da anni ormai, i  colonnelli di Banca d’Italia, proprietaria dell’immobile, hanno messo in vendita il Salone Margherita, del tutto incuranti delle sollevazioni della cittadinanza, degli articoli di tanti quotidiani e del conseguente, ATROCE DANNO D'IMMAGINE per l'istituzione fondamentale della Repubblica Italiana.

Questo gioiello del Liberty romano è da sempre, infatti, il tempio del varietà e della satira, ospitando, ben prima delle impareggiabili imitazioni di Oreste Lionello e Leo Gullotta negli spettacoli di Pingitore, artisti del calibro di Petrolini, Aldo Fabrizi, Totò, Lina Cavalieri, la bella Otero,e perfino Filippo Tommaso Marinetti con le sue folli serate futuriste. Un simbolo della libertà di pensiero che, negli ultimi anni, per merito dell’impresario Nevio Schiavone, macinava spettacoli sei giorni su sette, per un totale di 320 serate annue: concerti lirici, opera - con una Traviata allestita in modo tradizionale - cabaret, varietà, il Salone dava lavoro a oltre cento persone fornendo un servizio culturale alla Capitale e ai suoi turisti anche nei mesi della desolazione estiva.

Evidentemente, il ponderoso affitto - versato regolarmente - alla Banca d’Italia non bastava. Più remunerativo venderlo, ma a chi? Non certo a un impresario teatrale (infatti l’offerta di Schiavone è stata rifiutata) ma magari a un altro istituto di credito che potrebbe tranquillamente cederlo a una multinazionale straniera, per aprirvi un centro commerciale. Il meccanismo è semplice: basta chiuderlo, lasciarlo andare in rovina per una decina d’anni e poi, quando sarà ben rosicchiato dai topi, ottenere facilmente il cambio di destinazione d’uso.

Ecco che sotto i deliziosi stucchi decò, potrebbero spuntare negozi di telefonia, o di pelletterie di lusso. Si tratta di una proiezione, ma molto realistica: esattamente così è avvenuto, infatti, per l’antico cinema Etoile, di Piazza S. Lorenzo in Lucina, oggi  boutique di un marchio francese. Del resto, gli introiti di nessun teatro ripagherebbero l’investimento (a quanto pare) di circa 7  milioni di euro per l’acquisto.

Nel 2018 una petizione a Franceschini – allora come oggi ministro della Cultura - aveva raccolto migliaia di firme. Anche Vittorio Sgarbi era intervenuto paragonando la Roma della Raggi e del Soprintendente Prosperetti (poi silurato) alla Palermo di Ciancimino: “L’interesse che dimostrano le multinazionali straniere verso questi immobili storici deve ancor più spingere l’Amministrazione a una loro rivalutazione morale, spirituale e culturale”.

Triste ricordare come Philippe Daverio si fosse speso in prima persona, nel 2018, per far vincolare il teatro dal Mibact come oggetto storico, dalla struttura agli arredi.

“Se, una volta ricevuta la notifica – spiegava Daverio a chi scrive -  il Mibact non si occupasse di un caso simile, anche dopo il risalto avuto sui media, si profilerebbero gli estremi di una denuncia per omissione d’atti d’ufficio. Mi colpisce come la Banca d’Italia abbia riservato all’alienazione del teatro una logica puramente econometrica, senza tener da conto il suo valore storico-culturale”.

Il vincolo fu imposto, ma “demoetnoantropologico” e non “architettonico”, quindi molto blando. Che qualcuno al Mibact abbia voluto “fare la mossa” lasciando però spazi di manovra all’ufficio legale di eventuali speculatori?

“La cosa triste – spiega l’impresario Schiavone – è che non c’è più neanche una logica econometrica, ormai non si profila nemmeno più la possibilità di una vendita: Via Due Macelli è in declino e da 15 anni non si riesce a trovare un compratore. L’impressione è che i dirigenti di Bankitalia – del tutto disinteressati al teatro - vogliano semplicemente tenersi il Salone per rari eventi interni. Non credo che il Governatore Visco possa accettare questo inutile affronto a Roma e all’arte – per una briciola di 7 milioni di euro - anzi, gli chiediamo di risolvere una volta per tutte quest’agonia. Non devono per forza darlo in gestione al sottoscritto: si faccia una gara e vinca il migliore impresario, nell’interesse esclusivo di questo gioiello e della città”.

Su tutto, una domanda grossa come una casa: come è possibile che un istituto come la BANCA D'ITALIA - non parliamo della "Cassa di risparmio di Trecase di sotto" - invece di essere MECENATE e PROTETTORE DELLA CULTURA, CUSTODE non solo della moneta italiana, ma anche dei nostri tesori culturali, dei nostri valori immateriali, continui brutalmente a perseguire a operazioni così spregiudicate? Possibile che i sentimenti della cittadinanza della Capitale, il rispetto della storia e dell'arte nazionali debbano piegarsi a un'operazione economica da quattro spiccioli?

Come si può accettare che la DIGNITA' E IL DECORO della BANCA D'ITALIA vengano messi così a repentaglio?

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