Cerca
Cerca
+

L'editoriale

default_image

di Maurizio Belpietro

Giulio Bucchi
  • a
  • a
  • a

Il Corriere della Sera insiste. Non contento di aver mandato di traverso il panettone a Giorgio Napolitano  con l'accusa d'aver forzato la Costituzione, il quotidiano di via Solferino rilancia, suggerendo al presidente della Repubblica di prendere atto delle modifiche alla Carta su cui si fonda il nostro Paese e di farsi promotore lui stesso di una riforma che recepisca i cambiamenti. L'autore dell'editoriale, il professore Ernesto Galli della Loggia, ovviamente fa precedere l'invito al capo dello Stato da una premessa scontata che dà ragione al Quirinale. In Italia la democrazia non è sospesa e chi lo afferma non sa di che cosa stia parlando.  Ma dopo aver detto che, come i re, Napolitano non sbaglia mai, il Corriere racconta l'esatto contrario. E cioè che il Parlamento - ovvero il solo organo di potere legittimato in via diretta dalla sovranità popolare - non conta più niente ed è stato esautorato dal presidente. Il governo, vale a dire il potere esecutivo che del Parlamento è diretta emanazione, non è stato deciso né a Montecitorio né a Palazzo Madama. Le Camere sono venute a conoscenza dell'arrivo di Mario Monti in sostituzione di Silvio Berlusconi a cose ormai fatte. «Napolitano», sostiene Galli della Loggia, «nominando senatore a vita il professor Monti  prima ancora che avesse inizio qualunque consultazione con i gruppi parlamentari, per il momento ancora detentori formali del potere di convalida, ha reso evidentissime le proprie intenzioni e la propria designazione». Dunque, il Quirinale ha messo il Parlamento di fronte al fatto compiuto, rendendo impossibile ai partiti rifiutarsi di sostenere il governo. Niente di illegale e nessuna violazione della Costituzione, si affretta a sostenere l'editorialista di via Solferino, sperando così di scongiurare le ire del presidente della Repubblica, il quale, come è noto, è persona retta ma suscettibilissima. Tuttavia, conclude il professore, ciò non muta la sostanza «e cioè che l'equazione reale dei poteri pubblici italiani, il quadro dei loro rapporti effettivi, sono ormai lontani dallo schema disegnato  nella nostra Carta». Per Galli della Loggia la Costituzione materiale, che è applicata dalla nostra massima istituzione, ha un rapporto problematico con la Costituzione scritta nel lontano 1948. Un modo elegante e premuroso per evitare di dire che confliggono. Ora, a qualcuno questo dibattito potrà sembrare ozioso. In un momento in cui gli italiani hanno il problema di come difendere stipendi e risparmi, a molti non importerà se Monti sia più o meno legittimato a governare e se Napolitano abbia oppure no esondato dalle proprie funzioni. In realtà le questioni non sono di secondo piano. Se ci troviamo in queste condizioni, oltre che a causa dei ritardi del precedente governo, è anche perché qualcuno ha pensato di risolvere la crisi con una infornata di tecnici anziché con le elezioni. Con la scusa dello spread e dei mercati, invece di  ridare la parola agli italiani, il Quirinale ha deciso di darla a una dozzina di sconosciuti, i quali - circondati da un'aura di infallibilità -  hanno assestato una mazzata di sole tasse e niente tagli agli sprechi. La cura per ora non ha prodotto effetti significativi sullo spread, causa principale dello sfratto a Silvio Berlusconi. Né è servita a rilanciare il Pil, il quale anzi si prospetta al ribasso per i prossimi anni. In compenso i ministri si stanno allargando, uscendo dalle loro funzioni e mettendo bocca in materie su cui fino a ieri nessuno avrebbe mai pensato di interpellarli. Il responsabile all'Integrazione (ministero di cui non si sentiva l'urgenza) in un'intervista parla di fine del bipolarismo e di partiti anziché di come far quadrare i conti. E pure gli altri paiono più preoccupati di far politica e godersi la conquistata notorietà piuttosto che di rimettere in sesto il Paese. La nostra sensazione è dunque che la strada imboccata non sia quella giusta e che le forzature del capo dello Stato descritte dal Corriere (ma da noi ampiamente anticipate) non ci portino nulla di buono. Meglio sarebbe stato non tentare esperimenti istituzionali e presidenziali. Affidarsi  senza difese e paracadute a un gruppetto di professori che non sono mai scesi dalla cattedra (l'unico tra i ministri di peso che vanti un'esperienza fuori dalle aule universitarie è Passera) può essere pericoloso. In Spagna la crisi non l'hanno curata con i tecnici ma con le elezioni e i risultati a quanto pare sono migliori dei nostri. In Grecia, pur avendo affidato le chiavi di casa a un banchiere, gli elettori saranno presto interpellati e nell'occasione decideranno il loro futuro. Ci chiediamo dunque se, con il beneplacito della nostra suprema istituzione, non sia il caso per l'anno nuovo di voltare pagina anche qui e tornare a votare. Visto che la nostra non è una Repubblica presidenziale ma parlamentare, Napolitano ci vuol dire quando ci restituirà il diritto di dire la nostra e di non essere tosati dal Fisco e dai tecnici? Speriamo in una risposta nel messaggio di fine anno. di Maurizio Belpietro

Dai blog