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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Lucia Esposito
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Ieri ci siamo rivolti a Silvio Berlusconi chiedendogli di battere un colpo. Nonostante l'amarezza per non aver potuto concludere la legislatura, ci pareva impossibile che il leader del fronte liberale se ne stesse in silenzio mentre il governo vara la più illiberale delle manovre. Come può il Cavaliere rimanere alla finestra e lasciare che il Popolo della libertà voti misure che colpiscono quel ceto medio che sostiene lo stesso Pdl? Approvare le decisioni di Monti è una scelta suicida, perché gli elettori di centrodestra ricorderanno chi ha dato il via libera alle tasse contro di loro. La lettera si concludeva con un appello al leader della maggioranza che fu: fermi la valanga di imposte. Lei che può dica no, e lo faccia dire a tutti i suoi parlamentari. Alla fine, dopo settimane di silenzio e di umori filtrati dai «si dice», Berlusconi ha parlato. Se dobbiamo essere sinceri,  ciò che ha detto non ci entusiasma. O meglio: condividiamo quasi tutto di quanto dichiarato, ma non ci piacciono le conclusioni. Vale a dire la decisione di votare comunque la fiducia alla manovra. L'ex presidente del Consiglio, durante la presentazione del libro di Bruno Vespa, ha criticato i provvedimenti di Monti e compagni. In particolare si è detto contrario all'intervento sui diritti previdenziali già acquisiti e alla patrimoniale sui capitali scudati. «Gli evasori non ci piacciono, ma i patti sono patti, soprattutto se a sottoscriverli è lo Stato». Noi, al posto suo, avremmo aggiunto tra gli argomenti discutibili anche le tasse sulla prima casa e la stangata su conti correnti e capitali investiti. Ma non è questo il punto. La questione è che dopo aver sparato a zero contro le misure del governo - descrivendo un Monti già disperato e costretto a far retromarcia su tutto, a cominciare dalle liberalizzazioni - il Cavaliere ha annunciato che comunque il Pdl dirà sì alla manovra. Perché se non lo facesse il danno sarebbe peggiore di quello causato dall'approvazione di imposte e riforme sbagliate. Di porre rimedio agli errori dei professori, ha detto Berlusconi, ci sarà modo appena gli italiani ridaranno la guida del Paese al centrodestra. Insomma: giusta la diagnosi, sbagliata la cura. Perché, ammesso e non concesso che alle prossime elezioni l'area moderata esca vittoriosa (è difficile poter immaginare che il Pdl e la Lega vadano a braccetto dopo che se le sono date di santa ragione), prima dell'estate del  2013 non avremmo un nuovo esecutivo. Questo significa che per almeno un anno e mezzo ci tocca sorbirci il governo dei fenomeni, cioè di super esperti che come massima soluzione alla crisi sono stati in grado di partorire tasse sulla casa, sul tabacco e sulla benzina. Quale saranno le conseguenze di oltre 18 mesi di terapia Monti su un malato già deperito a causa di due anni di crisi? La risposta l'ha fornita ieri l'ufficio studi di Confindustria, cioè dell'associazione che tifa per il governo dei bocconiani. Le ricerche non lasciano adito a molte illusioni. La stangata che si va approvando in queste ore in Parlamento provocherà una recessione. E fin qui la cosa era nota perché già sostenuta anche dal governatore della Banca d'Italia. Di sorprendente però sono le dimensioni della frenata. Secondo gli esperti dell'associazione imprenditoriale, il Prodotto interno lordo nel 2012 calerà dell'1,6 per cento, e di conseguenza 800mila persone perderanno il posto di lavoro. La disoccupazione salirà al 9 per cento, mentre la pressione fiscale raggiungerà livelli definiti insostenibili, toccando il 54 per cento. Le cifre sono da Caporetto e, per quanto gli studiosi si affannino a mascherarle sostenendo che grazie alle misure del governo in futuro non potremo che andare meglio, è di tutta evidenza che di questo passo si finisce in bancarotta. Se la manovra provoca recessione anziché crescita significa che si mangia tutti i vantaggi derivanti dall'aver fatto cassa. Le tasse straordinarie non serviranno a nulla, perché verranno meno le entrate ordinarie. A forza di tosare la pecora, il pastore finisce per ammazzarla. Ed è quello che sta succedendo con la sventagliata di imposte regalataci dal principe dei bocconiani. Ecco perché ci sentiamo in dovere di tornare a rivolgerci a Berlusconi. Caro Cavaliere, lei ha capito perfettamente quel che sta accadendo. Concordiamo con lei perfino sul progetto di modifica costituzionale per consentire al governo di governare: quello è il vero problema da affrontare nel futuro se si vuole dare stabilità ed efficienza a questo Paese. Ma qui non c'è tempo di pensare a cosa fare fra due o tre anni, quando ci saranno le nuove elezioni. Ora bisogna intervenire per raddrizzare la brutta piega che hanno preso gli eventi. I professori credono che siano sufficienti le tasse per rianimare il Paese e invece così ne affrettano il decesso. Lei non può stare a guardare e nemmeno limitarsi a dire che stanno sbagliando tutto. Se vuole, ha il potere di fermarli. Dica no e presenti subito una manovra alternativa. Le idee ci sono e lei lo sa. In questi mesi su Libero ne abbiamo suggerite a bizzeffe, dalle privatizzazioni ai tagli veri. Convochi il partito per discutere il suo piano e poi vada in Parlamento. Soprattutto: ci salvi dal tassator cortese.  di Maurizio Belpietro

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