L'editoriale
di Giampaolo Pansa
DI GIAMPAOLO PANSA - Un signore lombardo ha mandato a Libero una letterina che mi riguarda: «Dopo aver letto gli ultimi due Bestiari voglio dire due paroline al signor Pansa. Egregio dottor Pansa, lei è stato e sarà sempre comunista. Forse un rimorso di coscienza le ha fatto scrivere “Il sangue dei vinti”. E visto come si sono comportati i suoi amici alla presentazione del libro, lei l'ha scampata bella». La lettera era firmata con nome e cognome, più l'indirizzo. Ho controllato: tutto corretto. Poiché la data era quella del lunedì 28 novembre, i Bestiari che non erano piaciuti al signor X li avevo scritti a sostegno della zattera allestita dal premier Mario Monti. E per immaginare che cosa sarebbe successo nel caso che il governo dei professori fosse caduto. Cinquant'anni di lavoro nei giornali mi hanno vaccinato contro le proteste dei lettori. Le considero un aiuto. Spesso contengono rilievi sacrosanti che incasso ringraziando. Al contrario, non mi fanno più né caldo né freddo le etichette che mi vengono affibbiate. Quando ho criticato le arroganze delle sinistre, per esempio i talk show rossi che ci propinano la Rai e altre emittenti televisive, mi sono preso del fascista. Quando ho criticato gli errori del centrodestra mi sono sentito dare del comunista. In precedenza mi era capitato di essere aggredito per quello che scrivevo sui giornali e nei miei libri. Sono stato insultato persino con volantini e manifesti. Nella stagione del terrorismo, una banda che voleva entrare nelle Brigate rosse ha tentato di accopparmi. La mia colpa era di aver pubblicato un libro sulla violenza politica. Mi salvai per caso, ma Walter Tobagi, un altro giornalista nel mirino della banda, venne ucciso. I tempi e i modi dell'agguato che doveva mandarmi al creatore li ho poi sentiti raccontare dai capi del gruppo, durante il processo seguito alla loro cattura. Tuttavia la lettera che ho citato mi ha fatto riflettere perché, come spesso succede, il diavolo, o la verità, si nasconde nei dettagli. In questo caso la verità consiste in un complesso di atteggiamenti che vengono a galla sotto la tempesta della crisi finanziaria ed economica. E di fronte al tentativo di arginarla grazie a una manovra molto pesante. Non volendo tirarla per le lunghe, qui ne indicherò quattro. In Italia sta esplodendo una rabbia profonda che può dividere il paese. In parte è la rabbia degli evasori fiscali che temono di veder finire la pacchia. Ma in parte è anche dei cittadini con pochi mezzi che si vedono torchiati da nuove tasse, a cominciare da quella sulla prima casa. Poi c'è il contrasto che affiora tra chi ha poco e i presunti ricchi. Non si distingue fra i disonesti e i contribuenti onesti che hanno sempre dichiarato al fisco tutti i loro guadagni, derivati dal lavoro. Ha fatto presa lo slogan demagogico sbandierato dalle sinistre: “Chi ha di più, paghi di più”. Si stanno gettando le basi di una nuova lotta di classe che temo produrrà molti guasti nella società italiana e pericoli per tutti. Il terzo atteggiamento riguarda la figura del premier Monti e dei membri del suo governo. Il sottoscritto li considera alla stregua di volontari civili, cirenei che, senza esserne obbligati, si sono messi sulle spalle il peso tremendo di salvare l'Italia dalla bancarotta. Soltanto per questo meritano di essere onorati e ringraziati. Ma so bene che molti non la pensano come me. Monti e i suoi ministri, vice ministri e sottosegretari sono considerati funzionari, per non dire gli scherani, al servizio delle grandi banche e delle potenze finanziarie italiane ed europee. Con il mandato di difendere non il futuro dei cittadini senza potere, bensì una Spectre di miliardari. Quella che le Brigate rosse chiamavano lo Stato imperialista delle multinazionali. Infine, per un paradossale salto logico, chi sostiene il tentativo di Monti è un comunista. Accusato di essere d'accordo con il progetto segreto dei professori di sottrarci la nostra libertà di fare come pare e piace. E consegnarla a un dittatore. Un tempo era Stalin, adesso l'Europa e la Banca centrale europea. Sono tutti stati d'animo pericolosi. In grado di alimentare un clima che da tempo chiamo di guerra civile. È un'ariaccia che respiriamo non da oggi. Gli ultimi due anni del governo di Silvio Berlusconi sono stati avvelenati dagli ultrà nemici del centrodestra. I lettori di Libero li ricordano bene. Contestazioni di piazza violente. Ministri minacciati. Sindacalisti bianchi aggrediti. Cortei furibondi che assediavano il Parlamento. Riunioni pubbliche assalite. Lo stesso premier costretto a muoversi sotto la tutela di una scorta imponente. Vogliamo rivedere questo disordine nel 2012? I primi segnali ci sono già. Venerdì un pacco bomba spedito dagli anarchici è esploso in una sede di Equitalia e ne ha ferito il direttore. Sotto questo livido chiaro di luna che cosa deve fare il sistema dei media, a cominciare dai giornali stampati? Per cominciare, devono difendere la sacrosanta libertà di criticare qualsiasi governo, a cominciare da quello del professor Monti. Fare le pulci alla sua manovra non è soltanto lecito: è utile, prima di tutto al premier. Ma è pure indispensabile conservare il rispetto per chi la pensa in modo diverso da noi sul governo dei professori. E non comportarsi con l'alterigia di Eugenio Scalfari. Nel suo ultimo editoriale su Repubblica, Barbapapà ha bollato come “perfetto imbecille” chi non è d'accordo con Monti. Il lettore che mi dà del comunista è un suo piccolo imitatore all'incontrario. L'unica cosa che, a mio parere, i media devono evitare è di soffiare sul fuoco. Non sono mai stato un cronista accomodante. Nel raccontare la Prima e la Seconda repubblica non ho risparmiato l'ironia e spesso il sarcasmo.Tuttavia sono rimasto allibito per l'acredine usata nel descrivere il ministro Elsa Fornero, un tecnico di valore e una signora per bene, colpevole di niente, se non di essersi commossa nel presentare i tagli alle pensioni minime. Potrei citare esempi a volontà. Non lo faccio perché alcuni riguardano amici e collaboratori di “Libero” e non voglio scatenare un conflitto in casa. Ma una riflessione è inevitabile. Abbiamo sempre ritenuto rischiosa, e in qualche caso pure nauseante, la campagna di stampa contro Berlusconi, i suoi ministri e le sue ministre. Dio ci scampi dal cominciare una seconda guerra contro Monti e i membri del suo governo. A chi gioverebbe questa isteria uguale e contraria? A nessuno. Servirebbe soltanto ad alzare nuovi muri, a scavare nuove trincee, ad aizzare nuove ostilità rabbiose. Questo lavorio suicida avrebbe un unico risultato: perdere di vista una verità che ci ha ben spiegato un politico intelligente e con la testa sul collo, Emma Bonino, leader dei radicali. Lei ha detto: “La più grande equità è quella di non far fallire il paese”. Dobbiamo tifare per la bancarotta dell'Italia? A questo gioco terribile non partecipo. E sono disposto a beccarmi del comunista e altri insulti. Il professor Monti potrà pure fare poco (io penso che farà tanto). Ma chi potrebbe fare di più e meglio? Con quale governo? Con quale maggioranza in Parlamento? Nessuno ce l'ha ancora spiegato.