L'editoriale
di Maurizio Belpietro
Dopo giorni di applausi in cui parevano vietate le critiche alla manovra del governo, quasi che la denuncia delle pecche comportasse il reato di lesa maestà dei salvatori della patria, ecco affacciarsi i primi dubbi. A manifestarli non sono quei cattivoni di Libero, gente a cui non va mai bene niente, sia che arrivi da sinistra sia che giunga da destra. No, stavolta le perplessità nei confronti degli interventi di Monti e dei suoi professori sono pronunciate da persone esperte, tecnici che sanno far di conto e calcolare i possibili effetti della presunta cura risanante. A mettere i puntini sulle i è stato per primo il presidente della Corte dei conti Luigi Giampaolino. Di fronte alle commissioni parlamentari che si occupano del Bilancio e delle Finanze, il giudice ha spiegato che l'aumento dell'Iva e delle accise sulla benzina provocherà una fiammata dei prezzi e di conseguenza un aumento dell'inflazione. Non solo. Il numero uno della magistratura contabile ha sostenuto che il tasso programmato dal governo - ossia il due per cento - è troppo basso e che l'economia dovrà fare i conti con rincari più elevati. Per noi l'effetto inflativo era scontato e più volte lo abbiamo scritto. Ma gran parte dei commentatori aveva preferito ignorare il pericolo, manifestando adorazione indiscriminata per le decisioni dell'esecutivo. L'uso della saliva ha impedito alle grandi testate indipendenti di scorgere un altro rischio. Ossia che la copertura degli aumenti anti-inflazione per le pensioni più basse sia farlocca. Gli incrementi dovrebbero essere finanziati con la tassa una tantum sui capitali scudati. Peccato che quei soldi messi a bilancio siano difficilmente recuperabili. Il perché lo abbiamo scritto più volte: essendo denaro riportato in Italia solo virtualmente e per giunta in maniera anonima, tramite fiduciarie o società costituite per l'occasione, sarà quasi impossibile tassarlo. Ora le nostre perplessità sono confermate dal presidente della Corte dei conti, il quale sposa in pieno le nostre tesi, sostenendo che quel miliardo e mezzo difficilmente entrerà nelle casse dello Stato. A ciò si aggiunge un'altra critica, questa volta del governatore della Banca d'Italia. Il quale, pur con la prudenza e il linguaggio misurato derivante dal ruolo, ha spiegato che la manovra del governo comporterà un rallentamento dell'economia. Le decisioni infatti avranno un effetto recessivo che farà perdere almeno mezzo punto di Pil, con conseguente peggioramento del rapporto col nostro debito. Altro che crescita, qui il primo risultato raggiunto è la decrescita. L'inflazione salirà più del previsto e le promesse di proteggere le pensioni più basse sono basate su un gettito che non ci sarà. Già questo dovrebbe dare abbastanza pensieri e indurre chi ci governa a ritornare sui propri passi, mutando direzione. Invece, al contrario, non solo c'è il rischio che i ministri perseverino sulla loro strada, ma c'è pure il pericolo che facciano ulteriori danni. Ci spieghiamo. Ieri il presidente della Repubblica, cioè il vero regista per non dire l'azionista di maggioranza del governo, ha annunciato che presto ci saranno interventi a favore del Mezzogiorno. Siccome della parola di Giorgio Napolitano non c'è ragione di dubitare, è certo che a giorni il governo varerà un piano di finanziamenti per le zone disagiate del Sud, così come hanno fatto più o meno tutti gli esecutivi che si sono succeduti negli ultimi sessant'anni di storia repubblicana. Invece di tagliare gli sprechi delle Regioni meridionali, di commissariarle per impedire che continuino nell'allegra gestione di sempre; invece di pretendere che la Sicilia la smetta di sfornare baby pensionati, vietando alle altre di dilapidare un patrimonio in una sanità che non serve a curare gli ammalati; bene, invece di fare tutto ciò, lo Stato si appresta a dare altri soldi a chi fino ad oggi li ha dilapidati senza rispetto per i contribuenti. Insomma, mentre agli italiani si chiede di tirare la cinghia, altrove la festa continua. Siamo certi che i pensionati colpiti dai tagli della manovra, le famiglie torchiate dalle tasse sulla prima casa e il ceto medio che dovrà fare i conti con la mini patrimoniale ringrazieranno per tutto ciò. Ora che sanno a cosa serviranno i soldi pretesi dal Fisco saranno più lieti di privarsi di diverse centinaia di euro. Soprattutto, il giorno che si tornerà alle urne, saranno ben felici di ricordarsi chi è responsabile di questo salasso. di Maurizio Belpietro