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Andrea Tempestini
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Silvio Berlusconi si è recato al Quirinale ma non per dimettersi: l'incontro con Giorgio Napolitano è durato circa 45 minuti. Il premier è andato al Colle dopo aver preso atto del deludente risultato di Montecitorio, con il voto sul rendiconto superato con soli 308 voti (e 321 non votanti). Una situazione critica, al di sotto delle aspettative. Quota 314-316 è lontana anche perché in 11 nel Pdl hanno deciso di non partecipare al voto. Intorno alle 19, dunque, il premier ha inziato l'incontro con il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ma non per annunciare il passo indietro, o di lato, invocato dalle opposizioni. Anzi, ai suoi, come ha rivelato Franco Bechis nella sua diretta sms da Montecitorio, il premier avrebbe confidato la posizione ufficiale che avrebbe esposto al Quirinale: il governo non può cadere ora, non prima di aver approvato la il ddl stabilità. Una sfida alle richieste di dimissioni dell'opposizione (che presenterà una mozione di sfiducia) e ai suoi sogni di governi tecnici o governissimi. Umberto Bossi, lasciando il vertice a Palazzo Chigi col Presidente del Consiglio che ha preceduto il faccia a faccia al Colle, è apparso invece meno categorico: "Dimissioni? Aspettiamo qualche minuto. Berlusconi decide al Quirinale cosa fare". Delusione a caldo - Ma una decisione, immediata, il Cavaliere l'avrebbe già presa. "Ragazzi, stringiamoci e decidiamo subito cosa fare". Così Silvio Berlusconi ha commentato a caldo con i suoi dopo l'esito sul rendiconto. Il Cavaliere, prima di decidere il da farsi, ha subito indetto un mini-vertice di maggioranza con lo stato maggiore del partito e i ministri leghisti. "C'è un problema di numeri, dobbiamo verificare", ha chiamato a raccolta i suoi. "In ogni caso - aveva confermato il ministro della Difesa Ignazio La Russa - dovremo salire al Quirinale. Nessuno sottovaluta quanto accaduto oggi, Berlusconi parlerà con Napolitano". I piani del Cav - In mano al premier, subito dopo il voto, è comparso poi un foglio bianco con poche parole scritte a penna. La prima è 308, con un -8 (e tra parentesi Traditori) chiaro riferimento all'esito sul Rendiconto, ai voti mancanti per la soglia di sicurezza e all'umore del Cav. Poi Ribaltone e Voto: il primo è quasi un monito rivolto agli italiani, messi in guardia sulla caratura morale di chi ha mandato sotto il governo, in vista appunto di un ritorno anticipato alle urne. E ancora: Prenda atto: rassegni le dimissioni e un successivo Presidente Repubblica. Come dire: salgo al Colle e la faccio finita. C'è però un ultimo appunto: Una soluzione. Qual è questa soluzione? Procedere nonostante i numeri esigui e chiedere la fiducia sul maxiemendamento e sulla lettera alla Bce. Prima al Senato, poi alla Camera. Il Cav dimostrerebbe così che il centrodestra ha ancora la maggioranza in una camera (a Montecitorio) e che l'opposizione è contraria alle misure richieste dall'Europa. Un colpo di coda per aprire la strada alla riscossa elettorale. La schedina prima del voto - Il risultato di Montecitorio ha confermato le inquietudini del premier, che già pochi minuti prima del voto aveva accolto i malpancisti che arrivano a palazzo Grazioli maneggiando un foglietto. Uno schema a tutta pagina con in bella mostra alcuni punti interrogativi. "Prendo la fiducia? Lascio? Governo tecnico? Reincarico?". Ad ogni domanda il Cavaliere ha inserito sul foglio una risposta, un percorso, evidenziando - riferisce chi è stato in via del Plebiscito - i pro e i contro delle ipotesi in campo.

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