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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Lucia Esposito
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Come ha reagito la sinistra di fronte alla devastazione del centro di Roma ad opera di alcune centinaia di cosiddetti «indignati»? Nel solito modo. Ossia negando di conoscere i teppisti che hanno sfasciato vetrine, incendiato auto, divelto pali e gettato bombe carta. Per allontanare il sospetto di una parentela ravvicinata con i criminali, addirittura giornali e commentatori progressisti hanno evitato di chiamarli anarchici e estremisti rossi, preferendo definirli  i «neri». L'ex presidente del consiglio Giuliano Amato, tipino fine che non a caso veniva chiamato il dottor Sottile, è andato anche più in là, evocando il fascismo. In pratica siamo ad un passo dal battezzarli sedicenti indignati, proprio come trent'anni fa si consideravano sedicenti le Brigate rosse. Per ora nessuno è arrivato al punto di sostenere che siano agenti provocatori, ingaggiati da Berlusconi per tirarsi su  nei sondaggi, ma c'è tempo e non si deve disperare.  La dietrologia, materia in cui la sinistra  è insuperabile maestra, arriverà anche a questo. E cioè a ipotizzare che i teppisti siano in realtà infiltrati del Popolo della libertà, ingaggiati per far fallire il corteo, sostenendo in pratica che le vere vittime di quel che è accaduto sabato non siano gli agenti rimasti feriti, o i negozianti e i proprietari delle auto date alle fiamme, ma i manifestanti, i quali per colpa dei disordini avrebbero visto offuscata la loro formidabile giornata di protesta.In verità,  i criminali che hanno usato la Capitale come un campo di battaglia sono i nipotini del Sessantotto. Giovani e meno giovani svezzati al credo della ribellione e della rivolta sociale, i quali hanno avuto il loro battesimo di fuoco durante gli scontri in Val di Susa e la guerriglia del 14 dicembre nel centro di Roma. I teppisti non sono sconosciuti, ma anzi assai noti: il problema è che la sinistra non li vede in quanto non intende aprire gli occhi. Che la provenienza sia quella è risaputo. Si tratta di anarchici e giovani dei centri sociali, in pratica i soliti amanti della rivoluzione. I quali travestendosi  a volte  da No global, altre da antagonisti e altre ancora da No Tav, mirano solo e sempre a far andare le mani. Sono anni che stanno sulla scena, altrettanti che fomentano e organizzano disordini. Ciononostante di questi signori, che come si è visto sono pericolosi e dannosi, non si è mai letta un'intercettazione. Si conosce dove abitano, dove si riuniscono e cosa vogliono, ma a carico loro non c'è uno straccio di conversazione telefonica o ambientale. Escludo che comunichino fra loro con segnali di fumo o pizzini, come gli indiani o la mafia. Anzi, da quel che leggo sono ipertecnologizzati, al punto da scambiarsi messaggi su Twitter  e via Facebook. Perché dunque nessuno li intercetta, mettendogli microspie sotto il letto e nella vasca da bagno? Sappiamo tutto di Tarantini e di Lavitola, le prestazioni amorose del premier per noi ormai non hanno segreti, ma degli anarco-insurrezionalisti, dei No Tav  e dei No global non abbiamo neanche un sms. Possibile che le quattro mignotte di un venditore di protesi in cerca di fortuna e le truffe da magliaro di un pescivendolo campano siano così importanti da richiedere 100 mila intercettazioni e per la guerriglia degli «indignados» de' noantri  non si sia usata neppure una microspia? Mi chiedo: ma non c'è una Procura cui solletica sapere cosa stanno per combinare questi bravi ragazzi annoiati in cerca di un futuro migliore? Forse, mi sono risposto, non li intercettano perché non vogliono lederne i diritti politici, che, come si sa, se sei di sinistra sono sacri e inviolabili, mentre se sei di destra ci si può tranquillamente passar sopra. Una precauzione ingiustificata. Sono infatti sicuro che la meglio gioventù vista sabato all'opera fosse pure tra quei giovani e meno giovani i quali qualche tempo fa hanno manifestato contro la legge bavaglio.  Li ricordate? Secondo loro le norme per limitare l'ascolto e la pubblicazione delle conversazioni  private erano liberticide e minacciavano la libertà di stampa e allo scopo issavano cartelli con su scritto: «Intercettateci tutti».Dunque accontentiamoli. Intercettiamoli tutti e vedrete che casi come quelli di Roma non si ripeteranno. Soprattutto se, oltre a captare le conversazioni, si dà un giro di vite ai cortei. Anche qui non c'è niente da inventare. Basta copiare dall'estero. Ammesso che lo si voglia fare. E che la magistratura ce lo lasci fare. di Maurizio Belpietro

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