Tassista
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Luca Maaasri lo guardava supplichevole. Lo sguardo terrorizzato, il volto teso gli chiedeva di non colpire. Così il l gup di Milano descrive gli ultimi istanti di vita del tassista, ucciso a calci e pugni per avere investito un cane, nelle motivazioni della sentenza con cui ha condannato col rito abbreviato Michael Morris Ciavarella a 16 anni di carcere. Secondo l'accusa al pestaggio parteciparono anche i fratelli Stefania (moglie di Ciavarella) e Pietro Citterio, rinviati a giudizio dallo stesso gup Donadeo. "La scelta operata dal Ciavarella – si legge sempre nelle motivazioni della sentenza – è stata di continuare a colpire, accettando la possibilità della morte, senza che la condotta inerme della vittima, nonché il suo stato di debolezza al quale era stato ridotto dai suoi stessi pugni già inferti, costituisse una 'contro - spinta' psicologica". Donadeo fornisce anche una possibile motivazione dell'omicidio. "Egli voleva effettivamente vendicare lo stato di disperazione della moglie. Massari doveva pagare non per avere ammazzato un cane ma perché aveva inflitto un dispiacere alla moglie che era lì che piangeva disperata e pretendeva l'intervento del marito". È a questo punto che Ciavarella ha ritenuto di fare giustizia da sé come sapeva e sempre aveva visto fare. Ma nonostante il tassista non stesse reagendo l'aggressore non ha desistito. Al contrario ha potenziato la sua violenza sferrando un calcio finale al volto, nella consapevolezza, per la violenza del colpo e la condizione di debolezza della vittima, che quel calcio lo avrebbe atterrato e accettando così evidentemente il possibile rischio di una caduta e quindi le conseguenze probabili della caduta stessa."