L'editoriale
di Maurizio Belpietro
Dice Walter Veltroni: per il bene del Paese Berlusconi faccia un passo indietro. Già, ma qual è il bene del Paese? L'ex segretario del Pd battuto dallo stesso Berlusconi alle elezioni di tre anni fa non lo spiega. Nella lunga intervista concessa ieri ad Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera l'ex sindaco di Roma si limita ad osservare che l'Italia rischia più di altri, poiché «i suoi problemi strutturali sono peggiori». Ma su come si risolvono questi problemi Veltroni non dice una parola. Il mutismo di uno dei principali esponenti della sinistra non deve però stupire: è simile a quello di molti altri uomini del Pd e dell'opposizione. I quali, come un disco rotto, ripetono all'infinito che dai guai si esce sfrattando il Cavaliere. È lui, con il suo stuolo di ragazze, la causa di tutti i mali. Levato lui, ci leviamo la metà dei pensieri. Messa così, è una balla colossale. Il presidente del Consiglio ha i problemi suoi e questo non ci aiuta, né in Italia né all'estero. Ma i nodi che rischiano di strozzarci sono altri. Gli stessi che ci hanno segnalato il governatore della Banca centrale europea Trichet e il suo collega Draghi. Ma prima che da loro erano già stati indicati dal Fondo monetario e dopo sarebbero stati segnalati anche da Standard & Poor's nel giorno del declassamento. Non è Berlusconi che fa schizzare i tassi d'interesse sui nostri titoli di Stato, ma la prospettiva che questi un bel giorno non vengano pagati perché non ci sono più soldi. Significa che gli investitori temono l'insolvenza dell'Italia, proprio come è successo alla Grecia. Come si fa a convincerli che noi non rischiamo la bancarotta al contrario dei nostri cugini ellenici? Certo non limitandoci a dar loro in pasto il premier, delle sorti del quale se ne fanno un baffo (come pure si fanno un baffo del modo in cui Silvio trascorre le notti: al massimo ci ridono sopra e ci prendono in giro). Ciò che vogliono analisti e banchieri è la riduzione del debito. Ma come si abbatte la montagna di miliardi di debito su cui il nostro Paese è seduto? Semplice. Facendo ciò che tutto il mondo ci suggerisce. Prendiamo per esempio la lettera di Trichet e Draghi. I banchieri dei banchieri non scrivono: liberatevi di Berlusconi. Ma ci invitano a liberarci dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori - quello che impedisce di licenziare i fannulloni -, a ridurre lo stipendio dei dipendenti pubblici, a privatizzare la fornitura dei servizi locali, ad alzare l'età pensionabile e infine a introdurre un sistema per controllare quanto si lavora nei tribunali, negli ospedali e nelle scuole. Più o meno le stesse misure segnalate da Standard & Poor's, i cui analisti nel darci un brutto voto avevano evidenziato il peso eccessivo dei sindacati, dei dipendenti pubblici e delle lobby: una ragnatela di interessi che frena lo sviluppo e la crescita. Per fare il bene del Paese, sono disposti Veltroni e la sinistra ad applicare i suggerimenti della Bce e degli altri organismi finanziari? Nell'interesse dell'Italia, l'opposizione nel suo complesso è pronta a dire no alla Cgil e alle sue difese antidiluviane di privilegi che non ci possiamo più permettere? L'ex sindaco di Roma lancia un appello al premier invitandolo a fare un passo indietro. Ma crede davvero che così, magicamente, avremmo risolto i nostri guai? Non crede invece che al punto in cui siamo, cioè sull'orlo della bancarotta, serva un passo in avanti di una sinistra che è rimasta indietro di cent'anni? Lui e i suoi compagni abbiano il coraggio di dire se sono favorevoli o contrari alle proposte della Bce. Dicano chiaramente cosa intendono fare per tranquillizzare i mercati e non cerchino facili scorciatoie come la patrimoniale, una tassa che per un anno o due darebbe l'illusione di aver risolto i problemi, i quali però si ripresenterebbero ancor più gravi fra un po'. Cominci a dare il buon esempio. Walter ha fatto il sindaco e ora dalle pagine del Corriere ci informa che i partiti devono uscire dai consigli di amministrazione delle municipalizzate, una mangiatoia che secondo il Sole 24 Ore foraggia 80 mila amministratori e costa 2,5 miliardi l'anno. Giusto. Ma abbia anche il coraggio di dire che la campagna referendaria fatta da Pd e Idv in difesa dell'acqua pubblica è stata sbagliata. In gioco non c'era l'acqua, ma le migliaia di poltrone delle società pubbliche che la politica si spartisce. Insomma, caro ex segretario, per il bene del Paese, dica la verità.