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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Andrea Tempestini
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L'ultima battaglia è cominciata. Anche se non ci piacciono le espressioni guerresche applicate alla politica (essendosene fatto abuso, ormai hanno perso significato) non sapremmo come altro definire ciò che sta accadendo. Quella scatenata contro Berlusconi è un'offensiva che punta a scalzarlo non solo da Palazzo Chigi, ma dalla scena italiana. L'attacco è mosso su più fronti e lo sta stringendo a tenaglia, con l'obiettivo di non lasciargli via di scampo, se non quella di alzare i tacchi e fare le valigie al più presto. Le inchieste giudiziarie, la crisi economica e la pericolante situazione della maggioranza:  tutto concorre in una direzione. Probabilmente nessuna di queste cose da sola sarebbe in grado di seppellire il Cavaliere, ma muovendosi tutte insieme potrebbero centrare l'obiettivo. Che del resto il premier sia in uno stato di massima debolezza lo sanno anche i sanpietrini di piazza Montecitorio. Pur non essendo al culmine del suo splendore, fino a prima dell'estate Silvio appariva difficilmente attaccabile, in quanto la sua maggioranza era raccogliticcia ma solida. Dunque nessun governo tecnico era pensabile perché in Parlamento non avrebbe mai trovato i numeri. Ma con l'arrivo della speculazione finanziaria ogni cosa è cambiata. Il pasticcio della manovra decisa in fretta e furia per poi essere corretta non una ma tre o quattro volte, ha dato un colpo micidiale all'immagine del governo e del suo leader.  Colpiti nel portafogli (il contributo di solidarietà, la cancellazione dei contributi figurativi già versati, l'Iva), molti elettori del centrodestra hanno voltato le spalle alla maggioranza, senza passare a sinistra ma manifestando l'intenzione di non votare. E fiutando il vento tra le file del Popolo della libertà e pure della Lega qualcosa è cambiato. Non c'è più quella compattezza granitica, quella certezza che non vi fossero alternative alla conclusione della legislatura di cui fino a ieri i colonnelli del Pdl  davano prova. Da qualche giorno c'è chi si dissocia, chi si distingue e anche qualcuno che traffica con l'opposizione o con i vecchi arnesi dei poteri forti. Insomma, un brivido di incertezza serpeggia nell'esercito del Cavaliere e per la prima volta c'è chi pensa di poterlo disarcionare. I congiurati sono convinti che sia il momento migliore, in quanto Berlusconi è distratto da mille guai, non ultimi quelli giudiziari. Ormai non si contano più i fronti aperti perché quasi ogni giorno spunta una nuova indagine o un'intercettazione. Silvio si deve difendere dalla Boccassini a Milano, dai pm di Bari con gli strascichi del caso D'Addario, dai brogliacci di Napoli e dalla scia di denaro disseminata dalla coppia Lavitola-Tarantini. Come se non bastasse, ci sono le inchieste romane, la P3, la P4 e i vecchi processi milanesi: una quantità di accuse che stordirebbe anche un toro, privandolo di energia e soprattutto di risorse per combattere. Senza dimenticare che Silvio ha appena staccato un assegno da 560 milioni di euro al suo storico rivale, l'ingegner  De Benedetti. Un salasso che se non lo ha messo in bolletta, lo ha reso un po' meno ricco.  Lui e le sue aziende. A un Berlusconi super acciaccato poi ieri è pure caduto in testa il simpatico regalino di Angela Merkel, alla quale non è parso vero di donare all'Italia la protesta del suo rappresentante alla Bce, il quale si è dimesso attaccando il nostro Paese. Un vero calcio in faccia al premier, un invito a scomparire firmato direttamente dalla Cancelliera. In mezzo a questo bel clima al Cavaliere è stato recapitato l'invito alla resa senza condizioni. Se n'è incaricato direttamente Rocco Buttiglione, uno che tra tedeschi e democristiani ha sempre le mani in pasta. Con un'intervista al quotidiano dei vescovi ha proposto al premier di farsi da parte in cambio di un salvacondotto. «Berlusconi passi la mano, lasci la guida del governo e i suoi processi saranno bloccati. Tutti», ha spiegato il filosofo  di centro. Come questo sia possibile e soprattutto per conto di chi parli Buttiglione non è dato sapere. Sta di fatto che dalle colonne dell'Avvenire ha spiegato come il salvacondotto possa valere sia per evitare il carcere che per scongiurare vendette contro le aziende del premier, raccontando che qualcuno sta lavorando a una misura tipo quella che salvò Nixon dai processi del Watergate. Che non si tratti di un'invenzione estiva di un democristiano di lungo corso è testimoniato dal fatto che l'idea di Buttiglione ha subito trovato il conforto di Italo Bocchino e nessuno dell'opposizione ha levato la minima obiezione. La trappola è insomma pronta a scattare. Berlusconi è con le spalle al muro e c'è chi ritiene di avere l'arma segreta per finirlo una volta per sempre, consegnando il Paese ad un governo tecnico e, presumibilmente, sottoponendolo a una cura da cavallo del tipo annunciato da Giuliano Amato e Alessandro Profumo. Siamo insomma alla resa dei conti. Una manovra che è contro Berlusconi, ma che a pagare saranno gli italiani. Non ci resta che sperare. In che cosa non lo sappiamo.

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