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Riesame: Parolisi resta dentro Sentita la famiglia della Rea

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Per i giudici il caporale è ancora l'unico possibile assassino della moglie. Pericoloso: fuori dalla cella tornerebbe ad uccidere

Costanza Signorelli
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Pesa quanto una pietra tombale la sentenza dei giudici del Riesame dell'Aquila, che hanno sbarrato la porta della prigione a Salvatore Parolisi. A parere dei magistrati, il caporale, deve rimanere dentro. E questo perché una volta in libertà potrebbe tornare a uccidere, come ha fatto con la moglie Melania Rea. E a inquinare le prove "come ha tentato di ripetere fino a ieri riferendo una serie di falsità inaudite, nel tentativo di salvarsi". Come non bastasse, scrivono ancora le toghe: "L'omicidio è stato commesso con estrema efferatezza evidenziando una personalità proclive a gesti del genere. Come anche il depistaggio e il deturpamento del cadavere, evidenziano una personalità che ha posto in essere il vilipendio stesso su colei che era pur sempre la compagna di vita e la madre di sua figlia; tutto allo scopo di procurarsi l'impunità. Non c'è dubbio che Parolisi sia pericoloso socialmente". Il collegio giudicante presieduto da Giuseppe Romano Gargarella, Bianca Maria Serafini e Anna Maria Tracanna (a latere) hanno redatto 23 pagine di ordinanza infuocate, e che sembrano  non lasciare spazio al dubbio sulla responsabilità del vedovo. Ai magistrati del Tribunale della libertà si erano rivolti i difensori dell'indagato, che ne avevano chiesto la scarcerazione motivando la loro domanda con  una memoria di 158 fogli caduti nel vuoto. Almeno fino a questo terzo round: già due Tribunali, prima di ieri, hanno infatti confermato gli arresti sostenendo la sussistenza dei gravi indizi oltre che delle cosiddette esigenze cautelari. Gli avvocati Valter Biscotti e Nicodemo Gentile, però, non demordono: "Ricorreremo in Cassazione", assicurano. Anche se (a leggere le carte dell'accusa) sarà difficile convincere un Tribunale dell'innocenza del loro assistito, che intanto resta in cella. Secondo due procure, due tribunali, più i giudizi terzi del Riesame, al di fuori di lui non esiste altro possibile autore dell'omicidio di Melania Rea, uccisa nel bosco delle Casermette (Teramo) il 18 aprile scorso: "Non può che essere stato Parolisi", c'è scritto nei motivi. "L'assassino di Melania era persona da lei ben conosciuta e con la quale aveva un rapporto di totale confidenza. È stata ritrovata con gli slip abbassati, un'operazione spontanea e non eseguita da terzi. L'omicida aveva dunque un rapporto molto intimo con la vittima. Le indagini hanno anche dimostrato come la donna non avesse alcuna relazione extraconiugale". Il movente, per i giudici dell'Aquila come per quelli di Ascoli, è da ricercare nella relazione con la soldatessa Ludovica alla quale l'uomo aveva falsamente fatto credere si stesse separando dalla consorte: "L'ha uccisa per cause legate al deflagare della sua situazione familiare e sentimentale in relazione al rapporto con Ludovica Perrone". E ancora: "La situazione coniugale era compromessa. Intanto la Perrone aspettava Parolisi affinché passasse le vacanze di Pasqua con lei, mentre la moglie nulla immaginava di tutto questo. E si preparava a passare il periodo di festa con il marito e la figlia. L'albergo prenotato ad Amalfi e l'organizzazione dell'incontro con i genitori dell'amante fanno pensare a qualcosa di più  di una scappatella. E Parolisi non intravedeva una razionale via di uscita. Così, in modo inconsulto, ha ucciso e poi depistato". La separazione da Melania, inoltre, avrebbe avuto conseguenze economiche insostenibili: "La consorte abbandonata, senza lavoro e con una figlia piccola da mantenere, avrebbe comportato per lui una situazione economica molto difficile". E poi un dato su tutti: "L'impronta e il Dna di Parolisi sono rimaste nella regione labiale e dell'arcata dentaria della moglie. Il contatto risale a pochi istanti prima della morte, altrimenti cibo, bevande o la sola deglutizione avrebbero fatto sparire tali tracce". Per le toghe, quel Dna è la firma dell'assassino.Ieri Michele Rea, fratello di Melania, suo padre Gennaro, un cugino e uno zio sono stati ascoltati come testimoni dai pm di Teramo Greta Aloisi e Davide Rosati. Le indagini proseguono anche nelle direzioni indicate dal gip: accertare se Salvatore Parolisi si sia servito di complici. di Cristiana Lodi

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