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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Andrea Tempestini
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Da domenica l'opposizione ha scoperto che il governo è commissariato. Berlusconi e Tremonti non avrebbero più le mani libere, ma sarebbero  costretti a rispondere alla Banca centrale europea.  A convincere Bersani  che il premier sarebbe stato messo sotto tutela è la lettera che il  governatore in carica Trichet e il suo prossimo successore Draghi hanno  fatto recapitare a Palazzo Chigi e in cui si ricordano le riforme che l'Italia  deve attuare.  «Vogliamo la verità», pare abbia tuonato lo smacchiatore di  leopardi ma non di Penati. «Che cosa davvero ci stanno chiedendo la Bce e le  istituzioni internazionali? Un governo impotente, totalmente screditato e  ormai commissariato dica almeno quale è la situazione reale».   Il  segretario del Pd ha ragione: c'è molto di cui preoccuparsi. Soprattutto se  il capo della sinistra non ha ancora capito cosa ci domandano l'Europa e gli  organismi che vigilano sul nostro indebitamento da record.  A causa della crisi finanziaria, la Ue ci sollecita a fare quello di cui da  anni si parla ma che nessuno ha avuto il coraggio di mettere in pratica:  tagliare, ridurre le spese, metterci al passo con il resto del continente.  Niente di nuovo dunque, visto che di questi argomenti si discute dall'epoca  di Andreotti e soci, ossia una Repubblica fa. L'unica novità semmai è che ora Bruxelles  ci manda a dire che non è più tempo di discussioni: bisogna  agire. Ma vediamole queste misure per cui la Banca centrale ci pressa.  La prima  riguarda le liberalizzazioni. Il nostro è un mercato ingessato, dove ci sono  troppe riserve protette e inefficienze. Secondo l'Europa è giunto il momento  di abbattere gli steccati, lasciando briglia sciolta alla concorrenza  e per  far questo sollecita il governo ad agire in fretta, possibilmente per  decreto. Liberalizzazioni e privatizzazioni sono  belle cose, degne di un  governo liberale.  Peccato che un referendum voluto dall'Italia dei valori e  appoggiato per convenienza dal Pd abbia appena stabilito che i servizi  pubblici, in particolare quelli che riguardano l'acqua, devono restare in  mano pubblica. Come si fa allora a vendere le municipalizzate secondo la richiesta di   Trichet e Draghi? Chi lo dice a Di Pietro e compagni? Chi spiega agli  italiani che  la campagna referendaria è stata un bluff,  uno strumento di  propaganda contro Berlusconi, e che per il bene dell'Italia ora si deve fare  marcia indietro? Ma andiamo avanti, perché nella lettera c'è altro. I governatori chiedono di  modernizzare il mercato del lavoro.  La Bce sollecita meno rigidità delle  norme sui licenziamenti dei contratti a tempo indeterminato, interventi sul  pubblico impiego, superamento del modello attuale imperniato sull'estrema  flessibilità dei giovani e sulla totale protezione degli altri, una  contrattazione aziendale che incentivi la produttività.  In pratica per i  guardiani dell'euro è ora di darci una mossa e abolire l'articolo 18, quello  che vieta i licenziamenti e rende l'assunzione a tempo indeterminato di un  lavoratore un matrimonio indissolubile, dove non è prevista per l'azienda  alcuna possibilità di divorzio.  La Banca centrale europea  sostiene anche  che è ora di mandare in soffitta la contrattazione unica nazionale per  privilegiare quella locale, legata ai risultati conseguiti:  se l'impresa va  a gonfie vele, il lavoratore guadagna, altrimenti nisba. Nelle sollecitazioni comunitarie c'è pure un richiamo alle pensioni, che da  noi sono ancora lontane dalla media europea.  Non per quel che riguarda l'assegno,  ma per quando lo si incassa. In Italia la media non arriva a sessant'anni,  altrove si sono già superati i  sessantacinque.  Dice la Bce:  vista l'aria che  tira, meglio darci un taglio e spedire tutti  a riposo più tardi, o quando  si hanno quarant'anni di lavoro oppure al momento del compimento dell'età  massima.  In pratica, niente di diverso da quel che aveva deciso il primo  governo Berlusconi nel 1994, ma che poi fu costretto a rimangiarsi a furor  di popolo poco prima di cadere per mano dei pm, di Scalfaro e di Bossi. Ecco. Queste sono le misure urgenti che l'Europa chiede per tramite dei suoi  rappresentanti bancari. A parer nostro si tratta di interventi  condivisibili: chiunque abbia un po' di buon senso sa che sono  da fare  e che rinviare non serve a nulla, se non a far lievitare il conto finale che i  mercati ci presenteranno.  Del resto, i governi  guidati da Berlusconi negli  ultimi tre lustri li hanno già varati, ma i sindacati, spalleggiati dalla  sinistra, ne hanno sempre impedito  l'attuazione. La riforma previdenziale è  stata diluita nel tempo così da renderla inefficace per il bilancio dello  Stato. La limitazione dell'articolo 18 provocò addirittura una specie di  guerra civile. Le privatizzazioni dei servizi pubblici, come si è detto,  sono state abrogate. Stando così la situazione, ad essere commissariati qui non sono Berlusconi o  Tremonti, ma piuttosto Bersani e compagni.  I quali, dopo essersi opposti a  qualsiasi modernizzazione del Paese, forse ora saranno costretti a digerire  l'amara medicina in quanto ordinata da Bruxelles. In tal caso, per la prima  volta, applaudiremo l'Europa. Dopo anni di codici assurdi e di studi sulla  curvatura delle banane, finalmente qualcosa di buono:  il commissariamento del Pd, della Cgil e della banda del buco. 

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