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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Andrea Tempestini
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I lettori sanno cosa pensiamo di Michele Santoro. Per noi è un tribuno,non della plebe bensì dell'aristocrazia rossa che si è impadronita del servizio pubblico radiotelevisivo. Per questa ragione avevamo accolto con favore l'addio alla Rai del conduttore di Annozero. Non in quanto ci fossimo bevuti la storiella della suo prepensionamento, ma perché finalmente a pagare la propaganda contro il centrodestra e smaccatamente a favore della sinistra più estrema non sarebbe più stata la tv di tutti, quella cioè che vive con i soldi dei contribuenti. E poi ci faceva piacere che il telepredicatore di Raidue si confrontasse finalmente con il mercato libero e non con un'azienda statale costretta ad applicare alle star giornalistiche le stesse tutele degli impiegati ministeriali. Michele dice di essere una risorsa, di avere un suo pubblico indipendentemente dalle sentenze della magistratura che lo hanno mandato in onda a prescindere dal volere dalla dirigenza  della stessa televisione pubblica? Ebbene, lasciandosi alle spalle viale Mazzini, avrebbe potuto dimostrarlo. Non ci sarebbe stato più il cavallo pazzo a mettergli i bastoni fra le ruote, con le sue regole e i suoi condizionamenti politici. Salutando la Rai il santone rosso avrebbe avuto davanti a sé le vaste praterie dell'etere e degli spettatori.  Senza più intromissioni ma neppure senza più scusanti dietro cui nascondersi. Ovviamente sapevamo che in tal modo presto avremmo avuto la riprova che le pretese del conduttore erano difficilmente digeribili, non solo a una televisione che deve rappresentare tutti in quanto servizio pubblico. Ma pure per una emittente privata che non ha da rispettare le regole della par condicio, ma soltanto quelle che vigono in qualsiasi azienda editoriale. Risultato? Il rapporto tra La7 e Michele Santoro si è rotto ancor prima di cominciare. Non disponendo di informazioni di prima mano non sappiamo quali siano concretamente i motivi della rottura e mentre la tv di Telecom si è limitata a un laconico comunicato senza entrare nel merito, il telepredicatore si è subito atteggiato a vittima, accusando Berlusconi pur senza nominarlo. Si tratterebbe, secondo il santone rosso, dell'ennesima  prova del conflitto d'interesse del presidente del Consiglio. Come detto non abbiamo informazioni aggiuntive, ma la sensazione è che più di un conflitto d'interesse si tratti del solito conflitto di Santoro con tutti i suoi editori.  Per lui la tv è sua e nessun altro ha diritto di metterci becco.  Anzi: la tv è lui. E dunque qualsiasi vigilanza editoriale è giudicata un'ingerenza indebita. A naso, pensiamo che Gigi er bullo (copyright Beniamino Placido) si sia presentato dicendo alla 7 che  avrebbe fatto di testa sua, senza sottostare a nessun controllo preventivo. La tv di Telecom avrebbe dovuto limitarsi a mandare in onda ciò che lui produceva, provvedendo se del caso alla tutela giuridica di fronte alle querele e manlevando il conduttore e i suoi collaboratori da qualsiasi responsabilità.  Michele avrebbe insomma voluto la licenza di uccidere, ma la garanzia che gli effetti collaterali dell'attività di sicario televisivo sarebbero stati integralmente a carico delle casse di La7. Una bella pretesa, che nessuno con un po' di grano in zucca è ovviamente disposto a digerire, indipendentemente dal colore politico dell'editore.  E infatti alla tv di Bernabé non l'hanno mandata giù, preferendo rinunciare al santone. Il quale ora vedrà di girare la cosa a suo vantaggio, autonominandosi  martire della libertà di stampa e di parola. Come già ha fatto, si autoproclamerà censurato speciale e girerà l'Italia denunciando il sopruso. Stiano tranquilli comunque i suoi fan. Nonostante il chiasso, Michele non sparirà. Al massimo si prenderà una vacanza. E noi con lui. Ps. Ieri anche un'altra star tv ha litigato con la Rai. Si tratta di Lucia Annunziata, ex direttrice del Tg3 e già presidente dell'emittente di Stato.  La causa dell'addio è tutta interna alla sinistra. La conduttrice ha accusato il direttore di rete di una gestione un po' troppo partigiana e questo non è piaciuto al signore messo sotto accusa, il quale l'ha malamente accompagnata alla porta.  Ovviamente non si tratta di censura. Se a licenziare una collega è la sinistra non può che essere una decisione democratica e progressista, rispettosa del pluralismo e della libertà di stampa.  Non aspettatevi dunque nessun girotondo intorno al mondo della Rai. Per l'Annunziata non vale.

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