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L'editoriale

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di Vittorio Feltri

Andrea Tempestini
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Ci consenta il lettore di tediarlo con una doverosa precisazione. Sabato 2 aprile Libero pubblicò in prima pagina un articolo titolato: «Altre dieci ragazze! E il processo lampo diventa infinito». Raccontava come la vicenda del bunga bunga si fosse arricchita di nuovi dettagli destinati a prolungare il lavoro preparatorio dei giudici. Si erano infatti aggiunti alla lista delle ragazze, frequentatrici di Villa San Martino in occasione di serate ludiche, altri dieci nomi, alcuni conosciuti dal grande pubblico, altri meno. Tra i primi, con somma sorpresa, c'era quello di una diva della televisione assolutamente al di sopra di ogni sospetto: Barbara D'Urso, conduttrice di programmi di successo, una professionista capace e non certo bisognosa di spintarelle per proseguire  nella brillante carriera. La cosa ci stupì assai,  al punto che scrivemmo: «...la presenza delle fanciulle nelle sacre stanze di Silvio  sarebbe stata  accertata con un controllo delle cosiddette celle telefoniche. Poiché siamo tecnologicamente trogloditi, non siamo in grado di spiegarvi come sia possibile fare determinate scoperte, ficcando il naso nel traffico delle comunicazioni mediante cellulari». E torniamo a Barbara D'Urso per dire: come è potuta finire nel mucchio sotto inchiesta? Per errore. Una volta in redazione usava un vecchio adagio per giustificare una svista: “il diavolo ci ha messo la coda”. In questo caso non tireremo in ballo il principe delle tenebre; preferiamo dichiarare di avere contribuito allo sbaglio suffragando una notizia risultata senza fondamento. La verità è: l'affascinante signora che imperversa su Canale 5, e alla quale i telespettatori dimostrano il loro apprezzamento seguendo i suoi programmi in numero esorbitante, non ha mai varcato i cancelli della dimora berlusconiana, ammesso e non concesso che varcarli sia sconveniente (noi ad esempio li abbiamo varcati e non ce ne vergogniamo). E davanti alla verità e a Barbara D'Urso ci togliamo volentieri il cappello.

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