L'editoriale
di Maurizio Belpietro
Se si trattasse di una partita di calcio diremmo che Letizia Moratti ha commesso un brutto fallo e che meriterebbe il cartellino giallo. Sostenere in tv che il suo avversario nella corsa alla poltrona di primo cittadino è stato condannato per il furto di un'auto e salvato dall'intervenuta amnistia è uno scivolone grave, perché l'ex deputato di Rifondazione comunista fu riconosciuto colpevole in primo grado, ma assolto nel secondo per non aver commesso il fatto. Letizia dunque ha sbagliato e, pur riconoscendole la buona fede di un'informazione che le hanno passato all'ultimo minuto senza che avesse il tempo di verificarla, fossimo in lei chiederemmo lealmente scusa. L'errore del sindaco non può però oscurare tutto il resto e in particolare l'ambiente da cui proviene il candidato della sinistra. Pisapia è una persona rispettabile e mite, ma la sua militanza è nota e forse a questo alludeva la Moratti quando ha tirato in ballo una storia vecchia di trentacinque anni. Il seguace di Vendola non ha nulla a che fare con i furti, ma è indubitabile che all'epoca, quando maturarono i fatti per cui fu arrestato e poi assolto, egli avesse l'abitudine di accompagnarsi con uomini della sinistra estrema, alcuni dei quali poi furono coinvolti in atti di terrorismo e fatti di sangue. Le colpe ovviamente sono soggettive e Pisapia non ha nulla da farsi perdonare. Ma il clima culturale di cui è espressione è quello degli ultrà rossi. Non a caso il coordinatore provinciale di Sinistra e Libertà, oltre che probabile assessore qualora vincessero i progressisti, è il leader storico del centro sociale Leoncavallo, ovvero uno dei protagonisti dell'occupazione abusiva di una serie di stabili a nord della città, nonché un signore condannato per detenzione di bottiglie molotov, lesioni e resistenza a pubblico ufficiale. Ed è proprio questo il rischio dell'autogol di Letizia Moratti: far dimenticare che dietro il volto rispettabile di Giuliano Pisapia c'è il mondo della sinistra più radicale, il quale è pronto a condizionarne l'azione nel caso in cui sciaguratamente l'ex onorevole vincesse le elezioni. Sarebbero quelli che una volta avremmo definito gli extraparlamentari a dettarne la linea e dunque a Milano ci sarebbe da aspettarci il peggio. Già qualcosa si è intuito nei vari dibattiti pre-elettorali, quando l'esponente del partito di Vendola ha proposto di costruire una nuova moschea, specificando che in vista dell'Expo è necessario dotarsi di un luogo di culto adeguato per ogni religione, anche quella islamica. Ma oltre all'apertura di un tempio dedicato al profeta Maometto, è quasi certo che verrebbe inaugurata una serie di campi rom, al fine di consentire integrazione fra milanesi e nomadi. Del resto questo era il senso di una proposta di legge che Pisapia presentò tempo addietro, quando ancora sedeva fra i banchi di Montecitorio con la casacca dei bertinottiani. Secondo l'allora deputato erano necessari luoghi attrezzati per gli zingari, oltre, naturalmente, ad aiuti economici. Il candidato sindaco della sinistra è aperto anche all'idea di un registro delle coppie di fatto e di quelle gay, e Letizia Moratti l'ha preso per i fondelli per il sostegno alle famiglie mononucleari, ironizzando sullo strano concetto che l'avversario dimostra di avere a proposito delle politiche familiari. Porte spalancate pure alle stanze del buco e alla legalizzazione della droga, affinché i tossicodipendenti possano farsi indisturbati di eroina e altro. Fra tante aperture, c'è una sola chiusura e riguarda i Cie, ovvero i Centri di identificazione ed espulsione, in pratica i luoghi in cui vengono trattenuti i clandestini in attesa di essere rispediti al loro Paese. In ossequio alle richieste della base sinistrorsa, l'avvocato dei centri sociali e di Carlo De Benedetti (lo rappresenta nella causa Mondadori contro Berlusconi) intende smantellarli, con conseguente rilascio di tutti gli extracomunitari trovati sguarniti di permesso di soggiorno. Insomma, con Giuliano Pisapia a Palazzo Marino, Milano diventerebbe un pezzo di socialismo reale piantato proprio nel cuore della Padania. La sindaca Moratti ha commesso un errore quando ha parlato in tv dei trascorsi del suo avversario, ma giudicate voi, cari lettori, che cosa sarebbe la capitale economica di questo Paese se a guidarla fosse un avvocato sorridente e gentile che non ha mai rinnegato i compagni. Il suo sarebbe un comunismo dal volto legale. Ma pur sempre comunismo.