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L'editoriale

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di Vittorio Feltri

Andrea Tempestini
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Che fine ha fatto il processo Ruby Rubacuori? La domanda ci è stata rivolta da numerosi lettori stupiti del fatto che, nonostante sia stato scelto il rito abbreviato, si vada per le lunghe. La risposta è che non sappiamo rispondere, almeno sul piano tecnico-procedurale perché, per fortuna, non siamo azzeccagarbugli. Possiamo solo dire che, a naso, dopo il can-can sollevato, la vicenda è destinata a sgonfiarsi per eccesso di pasticci. L'ultimo dei quali, in ordine di tempo, è stato evidenziato ieri dal Corriere della Sera in un articolo nel quale, pur nella farragine dei concetti, emerge un dato, e cioè che i magistrati o i cancellieri o le segretarie hanno fatto un po' di confusione nel collezionare le carte. In particolare, quelle relative alla montagna di intercettazioni. Non intendiamo annoiarvi con disquisizioni specialistiche, in cui rischieremmo di smarrirci o di addormentarci; solo una cosa per esemplificare: varie telefonate di Silvio Berlusconi non potevano essere ascoltate né tantomeno trascritte e, invece, sarebbero state infilate nei fascicoli. Un errore materiale? Di sicuro, se diamo per scontata la buona fede di chi ha maneggiato i faldoni. Ma questo non cambia la sostanza del discorso: qualcuno ha sbagliato pur essendosi occupato di una inchiesta scottante in cui era coinvolto addirittura il vertice del governo, ciò che ha suscitato un interesse morboso sia negli appassionati di politica sia in quelli patiti del gossip. L'incidente relativo alla commistione di intercettazioni lecite e illecite non contribuisce certo a dipanare l'intrico giudiziario e a fugare i dubbi sui reati attribuiti al Cavaliere: prostituzione minorile e consussione. Il primo va dimostrato, e non sarà facile farlo perché la ragazza marocchina (pagata all'uopo? Boh) nega di avere avuto rapporti sessuali con Berlusconi. C'è chi afferma il contrario, ma a livello di chiacchiere e senza il sostegno di una precisa testimonianza. In pratica, se i giudici non troveranno una prova o un testimone oculare disposto a parlare in aula, saranno costretti ad arrendersi. Quanto alla concussione, c'è un mistero: il concussore è stato indicato nel premier; manca però il concusso. Se ci fosse, sarebbe suo dovere denunciare di aver subito pressioni. Per ora la vittima non si è fatta viva. Se teniamo conto di tutto questo, l'aggiunta delle carte buone mescolate con quelle cattive aumenta la sensazione che l'inchiesta sia deboluccia, talmente deboluccia da non reggere in ambito processuale. Oddio, gli effetti prodotti dalla storiaccia sulla reputazione del presidente del Consiglio sono stati devastanti. Quindi il danno è già stato fatto. Ma se, come presumiamo, il tribunale non sarà in grado di emettere una sentenza di condanna, si porrebbe un problema per la Procura: come giustificare lo spiegamento di tanti mezzi per avere in mano una bolla di sapone? Tra l'altro, segnaliamo che giusto ieri è stato chiesto il rinvio a giudizio per Emilio Fede e Lele Mora, accusati di induzione e favoreggiamento della prostituzione per tutta l'Olgettina (trentadue fanciulle in fiore). E anche qui merita rammentare uno svarione, uno scambio di cellulare: il numero di Mora è stato scritto sugli atti accanto al nome Fede. La precisione non è la migliore virtù della Procura di Milano. Errore dopo errore, come si fa ad arrivare alla verità?

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