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L'editoriale

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di Vittorio Feltri

Andrea Tempestini
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Forse è inutile dirlo, ma lo dico lo stesso a scanso di equivoci. Parlo a titolo del tutto personale e magari qualcuno della redazione non condividerà ciò che sto per scrivere. Pazienza, se ne farà una ragione. Riassumo brevemente la vicenda che mi accingo a commentare. Roberto Lassini, avvocato milanese, chiede e ottiene di essere inserito come indipendente nella lista Pdl per l'elezione del consiglio comunale di Milano. Ha le carte in regola. Stimato professionista, di fede liberale, è stato vittima di quella che comunemente viene definita malagiustizia: negli anni turbolenti di Tangentopoli, fu incarcerato una cinquantina di giorni, e, cinque anni più tardi, scagionato e quindi riabilitato. La scorsa settimana sui muri di Milano compaiono manifesti rossi con la seguente scritta: «Via le Br dalle Procure». Scandalo, vituperio, denuncia, polemica. Chi ha affisso quella frase ignominiosa? Roberto Lassini alza il ditino e confessa: io. Precisa che si trattava di una goliardata, una espressione forte da non intendersi in senso letterale. Insomma, un paradosso, che poi è una verità acrobatica. Non bastano le scuse dell'avvocato (ai famigliari dei magistrati assassinati dal comunismo armato) a placare gli animi della sinistra. Urla e strepiti crescono fino a diventare un boato con la reprimenda di Giorgio Napolitano. Il quale batte la sella (l'autore del manifesto) per colpire l'asino (Berlusconi). Ormai non si trattiene più nessuno. Il presidente del Senato, Schifani, si unisce al coro degli indignati (una folla) per sentirsi meno solo, forse. E ieri esplode anche il sindaco uscente di Milano, e aspirante al rientro, donna Letizia Moratti: «La mia candidatura è incompatibile con la presenza in lista di Lassini». Traduco in lingua bossiana: foeura di ball. Mi domando se sia possibile depennare un candidato da una lista già depositata. Ma questi sono dettagli tecnici. Resta il fatto, molto grave, che il Pdl voglia cacciare l'unico proprio politico in grado di esibire il certificato di innocenza firmato dalla casta dei giudici. Lassini in effetti va in giro con l'assoluzione in tasca, ed essendo stato in prigione quasi due mesi e avendo speso una fortuna allo scopo di difendersi da accuse infondate, vanta il diritto di lagnarsi della giustizia. Nella circostanza del manifesto vermiglio recante l'auspicio che le Br se ne vadano dalle Procure, di sicuro egli ha esagerato. Ma se i suoi travagli (ingiusta carcerazione) non sono una causa esimente, meriteranno almeno di essere considerati una attenuante. Nulla, a Lassini non concedono nulla e pretendono di eliminarlo dalla competizione elettorale. Lo pretendono nemici e amici che vedono in lui una specie di untorello, quando invece è un cittadino onesto un po' incazzato perché ha subito l'onta della galera pur non avendo commesso reati. Se c'è uno ad aver ragione di gridare contro i magistrati che arrestano la gente con eccessiva disinvoltura, questi è proprio lui. D'accordo, ha sbagliato a tirare in ballo le Br. Ma quante storie. Il capo dello Stato aveva il dovere di dedicargli una ramanzina? Mah. Di certo, visto che gliel'ha dedicata, poteva anche ricordare - contestualmente - che l'errore di Lassini è comunque meno sgradevole di quello patito da lui per la negligenza di coloro che ora si stracciano le toghe per il suo manifesto.

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