L'editoriale
di Maurizio Belpietro
Di solito preferisco lasciare le faccende di corna nel luogo in cui è giusto che stiano, ovvero sotto le lenzuola: ciò che fanno le persone adulte e consenzienti in camera da letto è infatti affar loro e di nessun altro. Nel caso in questione tocca però fare un'eccezione, perché a mettere davanti alle telecamere i suoi affari privati è stato lo stesso Italo Bocchino, cioè l'intrepido braccio armato di Fini. Il vicepresidente di Futuro e Libertà ai magistrati ha denunciato l'esistenza di un ricatto ai suoi danni: il direttore del popolare sito di gossip Dagospia avrebbe minacciato la moglie del deputato Fli di pubblicare foto compromettenti del marito se questi non avesse ammorbidito i toni. L'accusa, rilanciata con alcune interviste sui giornali che da tempo coccolano il delfino del presidente della Camera, proverebbe l'esistenza di una macchina del fango pronta a piegare qualsiasi oppositore dell'attuale premier. E invece testimonia esclusivamente le peripezie verbali di un coniuge fedifrago, pronto a tutto pur di nascondere le proprie marachelle matrimoniali. Intendiamoci: lungi da me voler ergermi a giudice in queste faccende, le quali sono questioni su cui hanno titolo di intervenire solo Bocchino e la moglie. Ma sul resto, sulle bugie e le trame del piccolo duce di Fli e sui molti danni che ha combinato in Parlamento e al governo, credo sia giusto spendere qualche parola. Cominciamo dunque dal principio, ossia dal complotto. A smentirlo è stata la stessa vittima, Gabriella Buontempo maritata Bocchino. La quale in un'intervista a Vanity Fair rimette nella giusta luce la conversazione tra lei e Roberto D'Agostino, suo amico da anni. Altro che ricatto, macché minacce. Il direttore del sito Internet semplicemente l'avvisò dell'esistenza di fotografie che ritraevano il marito in compagnia della ministra Mara Carfagna. E qui viene il bello, perché madame Bocchino ne ha anche per la reginetta del governo, rivelando l'esistenza di una relazione che va avanti almeno da un paio d'anni. I giudizi sulla titolare delle Pari opportunità sono graffianti, come sanno esserlo solo quelli di una moglie tradita nei confronti di una rivale. La Carfagna sarebbe, a detta della signora, una marionetta nelle mani del marito, il quale si sarebbe premurato alle ultime elezioni di raccoglierle le preferenze così da farla assurgere a un ruolo di maggior impegno. Niente di nuovo, ben inteso. Sono anni che in Parlamento si spettegola del rapporto tra i due e anche le recenti bizze della ministra sono state attribuite a Bocchino, il quale arruola chiunque, anche gli affetti privati, nella sua guerra per il potere. Della tenera amicizia io stesso ho qualche testimonianza. Anni fa l'attuale vicepresidente di Fli sollecitò un incontro a tre - lui, la futura paladina delle pari opportunità e il sottoscritto - in un noto ristorante della Capitale per promuovere la sua protetta. Bocchino mi chiese di pubblicare le opinioni della Carfagna sul Giornale che allora dirigevo, premura che l'ex delfino di Tatarella - seppure la conosca da anni - mai aveva dimostrato nei confronti di altri, neppure verso se stesso. Ma le attenzioni del parlamentare oggi sono messe sotto una diversa luce dalla sua stessa moglie. E qui ci fermeremmo se non fosse che Italo Bocchino ha tentato di usare la sua vicenda matrimoniale a fini politici, denunciando un complotto e accusando oltre 50 giornalisti, tra i quali una ventina di Libero, di aver molestato lui e sua moglie al punto di aver tolto il sonno ad entrambi. In realtà a non farlo dormire tranquillo non erano le critiche alla sua linea politica che noi gli abbiamo rivolto, ma la montagna di piccole e grandi bugie sulla quale il vicepresidente di Fli ha costruito la scalata al potere. Per raggiungere il suo obiettivo Bocchino non ha esitato a tradire le idee e gli amici, mettendosi cinicamente al totale servizio di Gianfranco Fini, l'uomo che lo voleva escludere dal Parlamento. In cambio ha ottenuto la poltrona di numero due del partito. Ma alla fine egli è vittima della sua ambizione e della sua arroganza oltre che della spregiudicatezza. Più che un piccolo duce, si è rivelato un gran bugiardo.