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L'editoriale

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di Vittorio Feltri

Giulio Bucchi
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Ci mancava solo lo tsunami in Giappone, come non bastassero le rivoluzioni nordafricane, le giornate della discordia in Medioriente e la crisi economica globale a rendere difficile e piena di incognite la nostra vita. Ma dobbiamo rassegnarci. L'umanità è autorizzata a prendersela con tutto e con tutti tranne che con le calamità naturali. Le quali non dipendono dalla nostra volontà. Arrivano e dobbiamo subirle, al massimo possiamo tentare di ridurne gli effetti catastrofici, non evitarle. L'asse terrestre si è spostato di dieci centimetri con conseguenze non ancora valutabili? Pazienza. L'unica speranza è che nessuno osi attribuirne la responsabilità a Silvio Berlusconi. Se non altro ci risparmieremmo puntate di “Annozero” e “Ballarò” dedicate alla nefasta influenza del governo sui fenomeni fisici. Ma non escludo che Pier Luigi Bersani e Rosy Bindi sollecitino - tramite toghe rosse alleate - la gentile signora Boccassini ad aprire un'inchiesta, con relative intercettazioni telefoniche (legittime), sulle relazioni sospette del premier col Padreterno, che di sicuro non è estraneo ai movimenti tellurici. Staremo a vedere. In ogni caso il disastro di Tokyo e dintorni avrà forti ripercussioni in Italia. Sbaglierò, ma già ieri è parso di capire che i Verdi italiani, con il conforto della sinistra conformista (che va da Gianfranco Fini ai grillini, passando da Casini e altri senza fissa dimora), siano intenzionati a contestare e, quindi, bloccare il programma energetico nazionale basato sul nucleare. Non par loro vero di aver ricevuto in dono, quale spunto, la sciagura nipponica per ricominciare con il terrorismo atomico  in favore delle pale eoliche, attorno alle quali si è sviluppato un business portentoso e abbastanza lurido, nel senso furtivo del termine. Infatti, della catastrofe in sé agli ecologisti importa poco, perché il Giappone è lontano e le notizie delle sue sofferenze quando arrivano qui, dopo aver percorso tanti chilometri, sembrano finte, hanno perduto gran parte della loro drammaticità; sono irreali come un cartone animato. Ai Verdi interessa soprattutto la speculazione, elettorale e forse finanziaria. E sfruttano la paura delle centrali nucleari (irrazionale perché frutto della disinformazione alimentata dall'emotività) per incrementare il dissenso verso la costruzione di impianti moderni voluti dall'esecutivo di centrodestra onde fronteggiare la domanda energetica nazionale. Il nucleare è un tabù. Come tutto ciò che non si conosce, spaventa le menti fragili che si agitano rifiutando di ragionare. Il mondo occidentale, il più evoluto, si è dotato da decenni di strutture che producono energia atomica. Noi  no. Siamo in ritardo perché dopo aver costruito - oltre venti anni orsono - modernissime centrali, le abbiamo dismesse prima ancora di averle usate. Miliardi di lire buttati via così, per capriccio ecologico. Il pretesto per rinunciare all'utilizzo dei nostri impianti ormai perfezionati, fu offerto dal memorabile incidente di Chernobyl, Unione Sovietica. La centrale di Chernobyl era vecchia ed obsoleta, resa difettosa da manutenzione approssimativa malandata come tutto ciò che era Oltrecortina, e si guastò provocando la fuoriuscita di sostanze radioattive, tossiche. Ci furono molte vittime. L'incidente non venne attribuito all'incuria, bensì alla pericolosità intrinseca del nucleare. Questa almeno la versione cavalcata da vari media e da vari partiti, tra cui il Psi craxiano che diede il proprio appoggio all'imminente referendum contro l'energia atomica. L'opinione pubblica fu talmente impressionata e condizionata dalla propaganda ostile alle centrali che votò per l'immediata chiusura, con uno spreco di denaro statale senza precedenti. Da quel momento fummo costretti ad acquistare energia nucleare all'estero (strapagandola), anche dalla Francia che, essendo confinante con il nostro Paese, se avesse avuto un'avaria nelle proprie strutture, noi saremmo stati coinvolti nella tragedia. Ciò per dimostrare l'assurdità delle fobie verdi che portarono alla paralisi nucleare dell'Italia, condannandola a dipendere dal petrolio, i cui costi incidono in misura folle sull'economia, dato che noi di oro nero ne abbiamo poco, e anche quel poco ci rifiutiamo di estrarlo. Solo da un paio d'anni abbiamo ripreso il discorso nucleare. Merito del governo Berlusconi che ha predisposto un piano per recuperare il tempo perduto, sfidando i soliti verdi secondo i quali dovremmo “scomunicare” il riscaldamento, le automobili, la lavapiatti e fors'anche l'illuminazione pur di non ricorrere all'energia diabolica, cioè tecnologicamente avanzata. Ma ora che è in procinto di essere realizzato, quel piano potrebbe fermarsi un'altra volta perché gli ecologisti non si lasceranno sfuggire l'occasione di polemizzare: visto - diranno - che cosa succede quando si dà confidenza alla robaccia atomica? La gente sarà confusa, intimorita, avrà la tremarella e magari torneremo in una situazione di stallo. Il rischio c'è. Da notare che non esiste nulla di umano che sia perfetto e garantisca al cento per cento la nostra incolumità. Capita che un ponte o una casa crollino, ma non per questo si rinuncia a costruirli. Capita che un aereo precipiti, ma non per questo rinunciamo a volare. Capita spesso che qualcuno si schianti con l'automobile, ma non per questo rimpiangiamo il calesse. Inoltre farei osservare ai “nemici” del nucleare che ne ha ammazzati di più il carbone, se si considera quanti minatori sono morti in miniera. E che dire dell'energia elettrica? Ci siamo dimenticati del Vajont, di Longarone e di tante altre dighe assassine? Infine occorre segnalare che, nonostante il devastante terremoto, la centrale vicino Tokyo è rimasta in piedi e il pericolo sarà contenuto. Fermo restando che l'evento più probabile per un vivo è quello di morire. Il più tardi possibile, s'intende.

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