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L'editoriale

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di Fausto Carioti

Giulio Bucchi
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DI FAUSTO CARIOTI - Purtroppo per Silvio Berlusconi nessuno prenderà sul serio la proposta lanciata ieri da quel genio del direttore di Micromega, Paolo Flores D'Arcais: l'abbandono aventiniano delle Camere da parte delle opposizioni. Allora sì che il premier avrebbe di che festeggiare, altro che bunga bunga: basta incetta di parlamentari “responsabili”, risolto il problema di chi controlla le commissioni di Montecitorio. Anche senza certi regali, però, Berlusconi rischia di sfangarla lo stesso. Pochi giorni fa la sua sopravvivenza a palazzo Chigi pareva utopia, tanto grossa era la valanga di fango che gli era piovuta addosso. Ma piano piano la speranza si sta facendo concreta. È una fiammella piccola, che però i suoi uomini vedono farsi ogni giorno un pochino più forte. «Incredibile, rischiamo di farcela anche stavolta», commenta con tono da miracolato uno dei berluscones di prima fascia. «Silvio ha spalle larghissime e sa bene che se fa un passo indietro per lui è finita», chiosa una pidiellina di governo. Quella che per i suoi è una speranza ancora flebile, ovviamente per Berlusconi è una certezza granitica. La costante sopravvalutazione di se stesso, del resto, è uno dei grandi limiti del personaggio, ma se il Cavaliere non fosse così ce lo saremmo già giocato da un pezzo. A giustificare tanto ottimismo, oltre all'ego del premier, provvedono però alcuni dati che stanno emergendo con chiarezza. Il primo è quello giudiziario: anche se l'opposizione e i giornali nemici di Berlusconi gridano ogni giorno il contrario, la verità è che le prove raccolte finora dalla procura di Milano non bastano a inchiodarlo. Manca, tanto per dire, ogni prova dei rapporti sessuali che, secondo l'accusa, Berlusconi avrebbe avuto con Ruby ancora minorenne. Anche dei famosi cinque milioni che la ragazza avrebbe preteso dal premier c'è traccia solo nella telefonata tra Ruby e la madre di Sergio Corsaro, suo ex fidanzato. La somma non appare in nessun colloquio tra la giovane marocchina e gli uomini del Cavaliere, né vi è segno di alcun pagamento. Moralismo e legge Che la ciccia sia poca lo si capisce anche dai toni di Repubblica, che è passata da argomentazioni giuridiche alla condanna moralista dei comportamenti del Cavaliere (come se quel giornale fosse il pulpito giusto per fare la morale sessuale al prossimo). Ma immoralità del comportamento e violazione della legge sono due cose diverse. Quindi, o saltano fuori quei video e quelle registrazioni davvero compromettenti di cui favoleggiano certi parlamentari di sinistra, i quali millantano contatti confidenziali con la procura di Milano, oppure il processo a Berlusconi - sempre ammesso che si faccia, perché anche dal punto di vista procedurale gli inquirenti hanno commesso i loro errori - rischia di rivelarsi un flop. Il secondo elemento che dà senso alle speranze del Cavaliere è politico. Pd e Fli speravano che, scoppiato la scandalo, tutto attorno a Berlusconi crollasse. Che la Lega prendesse le distanze da lui per puntare definitivamente su Giulio Tremonti. Che i malpancisti del Popolo della Libertà (tipo Beppe Pisanu e i suoi, tanto per non fare nomi) uscissero allo scoperto, magari andando a ingrossare i ranghi del terzo polo. Che il gruppo dei Responsabili, che riassegna al Cavaliere il controllo di Montecitorio, non si formasse. Ma niente di tutto questo è accaduto: a costo di turarsi il naso, gli esponenti di PdL e Lega fanno tutti quadrato attorno al premier; la maggioranza si è infoltita; Tremonti si è detto addirittura «orgoglioso» di far parte di questo esecutivo, spegnendo le speranze di chi lo immaginava a capo della congiura antiberlusconiana. Infine c'è da tenere contro del “clima”: poche storie, la rivolta che i nemici del Cavaliere si attendevano non c'è stata. I sondaggi sono pietrificati e anche gli elettori cattolici del PdL non danno segno di volere scappare. Giorgio Napolitano esterna la sua disapprovazione, ma nulla più. Avvenire, il quotidiano dei vescovi, ha chiesto «chiarezza» sui comportamenti del premier. Tarcisio Bertone, segretario di Stato vaticano, ieri ha invocato «moralità e legalità». Parole simili, anzi probabilmente più dure, le userà lunedì Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana. Ma la scomunica, la richiesta a Berlusconi di fare il fatidico «passo indietro», non è arrivata e - in assenza di nuovi elementi - non arriverà. Bandiera bianca Gli antiberlusconiani lo hanno capito e schiumano per la rabbia. «Perché tace la Chiesa?» chiedeva mercoledì Giuseppe D'Avanzo su Repubblica. «Il Papa non taccia», invocava ieri Marco Politi sul Fatto, perché «l'opinione pubblica ha diritto di sapere se il premier gode tuttora della benevolenza a lungo e pubblicamente dimostratagli dalla Santa Sede». Segni di un nervosismo crescente. Chi sembra avere già alzato bandiera bianca è l'Economist, il settimanale inglese arcinemico del Cavaliere. Nel numero appena uscito si legge che «l'animale da party» Berlusconi «potrebbe persino sopravvivere ai suoi ultimi sordidi scandali sessuali» (chiaro che il garantismo non abita più Oltremanica), perché «i meccanismi che negli altri Paesi fanno cacciare via i politici in realtà non si applicano all'Italia, o almeno a Berlusconi». Alla stessa dolorosa consapevolezza rischiano di arrivare presto gli altri avversari del premier.

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