L'editoriale
di Maurizio Belpietro
Che cos'hanno in comune Fini, Casini e Rutelli? La stessa voglia di concludere la carriera politica con un ruolo che li ricompensi della dura gavetta parlamentare. Da trent'anni fanno i deputati e tutti e tre sono segretari di partiti di minoranza con l'ambizione di farli diventare un giorno maggioranza. Dopo aver atteso così a lungo nell'anticamera del potere, adesso vorrebbero coronare il loro sogno: diventare presidenti del Consiglio, presidenti della Repubblica o presidenti di qualcos'altro che davvero conti e non li costringa a tagliare nastri o poco più. Ecco, i tre dell'Apocalisse terzista, in comune hanno la gran voglia di non essere più dei gregari. È vero, in casa propria sono numeri uno. Ma il loro bilocale è talmente piccolo che per stare comodi e sedersi su qualche poltrona degna del nome c'è bisogno di allearsi con altri, rinunciando a comandare. A Fini e Casini per anni è toccato stare sotto padrone, con Berlusconi. A Rutelli è andata peggio e negli ultimi di proprietari ne ha avuti tre o quattro: prima Prodi, poi Veltroni, quindi Bersani, senza dimenticarci di D'Alema che comunque, anche se non è ufficialmente il padrone, si comporta come se lo fosse. A parte questa smania di mettersi in proprio e di non dover più rispondere agli azionisti di maggioranza, i tre non hanno niente altro in comune. Anzi, per lungo tempo sono stati rivali. Rutelli contro Fini nelle elezioni del 1993, quando c'era da scegliere il sindaco di Roma. Casini contro Fini, quando si trattò di decidere se entrare o meno nel PdL. Probabilmente avversari lo saranno sempre o per lo meno appena dovessero spartirsi la vincita. Ognuno dei tre farebbe ombra all'altro e ne susciterebbe le invidie. Ma essendo per ora dei perdenti, non hanno nulla su cui litigare e fino ad oggi la pattuglia Brancaleone tiene. Se, come dicevamo, i tre un punto in comune ce l'hanno, i loro soldati invece non hanno neppure quello. Ognuno va per la propria strada e dice e fa quel che gli pare. Basti guardare a quel che è successo dentro Futuro e Libertà in appena due mesi di vita. In un gruppo che ha quarantacinque parlamentari, ci sono già tre o quattro correnti: i falchi, le colombe, i laici e i cattolici. Figuratevi quando si metteranno insieme all'Udc. Già me li vedo litigare su tutto. Pensate per esempio alla riforma dell'Università. Metà finiani sono d'accordo, gli altri invece sono andati sui tetti a solidarizzare con chi protesta però alla fine hanno detto che l'avrebbero fatta passare. Quelli di Casini invece sono nettamente contrari e dunque quando ci sarà da scegliere, cosa faranno: l'approveranno o si schiereranno contro? Su certi temi lasceremo libertà di voto, risponde Francesco Rutelli. Capisco sulle coppie gay, argomento che Barbareschi, Della Vedova e Moroni vorrebbero garantire per legge mentre Buttiglione e Tremaglia dicono che mai accetteranno - parole loro - «un'Europa dei culattoni». Ma sui rifiuti? Sul testamento biologico? Sulla pillola abortiva o anche solo sulla legge elettorale? Non c'è argomento trattato nell'ultimo anno su cui gli esponenti del cosiddetto Terzo Polo siano d'accordo e dunque se si metteranno insieme ne vedremo delle belle: più che il partito della Nazione saranno il partito dello sfascio della Nazione, testimoni rissosi del vecchio che avanza. PS. Qui sotto trovate una notizia che ci riguarda. Vittorio Feltri torna a Libero, da editore e da direttore editoriale (per ora da consulente perché imbavagliato). Io continuerò a fare il direttore responsabile e in più, come Vittorio, proverò a fare l'editore. Penso che sia una bella cosa. Per me lo è, ma credo che lo sia anche per molti di voi. Per ora non aggiungo altro e lascio parlare il comunicato dell'Editoriale Libero, ma domani prometto di raccontarvi di più.