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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Giulio Bucchi
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Tra sabato e domenica il nostro indirizzo di posta elettronica ha rischiato di andare in tilt. Intasato da migliaia di mail di lettori che hanno accolto il nostro invito a scrivere ai traditori del PdL e a inviarci copia dei loro messaggi, il server ha faticato a resistere. Non sappiamo invece se hanno retto le caselle di posta elettronica dei parlamentari eletti con il centrodestra ma pronti a votarvi contro. Molte delle lettere spedite agli onorevoli voltagabbana sono state respinte. Delle due l'una: o il recipiente non è stato svuotato e altre missive non potevano essere accolte, oppure i deputati raggiunti dal giudizio degli elettori hanno deciso di bloccare, momentaneamente o per sempre, il loro indirizzo, onde evitare di ricevere altra posta. Nell'uno o nell'altro caso si dimostra una sola cosa,ovvero quanta attenzione prestano verso chi li ha votati. Che non vogliano confrontarsi con gli elettori, del resto risulta evidente anche dalle dichiarazioni rilasciate da alcuni di loro dopo che Libero ha deciso di pubblicarne la mail. Manco avessimo indicato la via in cui abitano, i più hanno reagito male, parlando di violenza e manganelli. Quasi che ricevere una cartolina da chi ha consentito a tutti loro di fregiarsi del titolo di onorevole e di riscuotere un lauto stipendio fosse una specie di attentato. In realtà ci siamo limitati a fare la cosa più banale e ordinaria del mondo, che in qualsiasi Paese rappresenta l'Abc della democrazia: mettere in contatto elettore ed eletto, consentendo a chiunque abbia votato per il PdL di far sentire la propria voce su ciò che sta succedendo. Ma pubblicare un indirizzo di posta elettronica, per altro pubblico, evidentemente è cosa rivoluzionaria, cui certi signori del Palazzo non sono abituati. Per loro l'elettore è una identità astratta, le cui opinioni e i cui desideri non contano. Per loro contano solo i giochi e le trame di potere al fine di ottenere uno strapuntino e di chi li ha scelti si ricordano solo ogni cinque anni. Nel caso in questione, avendo ottenuto l'incarico con una legge che non richiede preferenze,si curano ancor meno del volere degli italiani, perché i voti che li hanno portati a Montecitorio non sono i loro, ma quelli di Berlusconi. È solo grazie al suo nome che sono diventati onorevoli. Proprio per questo confidavano nell'anonimato: essendo in larga misura sconosciuti speravano che il loro tradimento passasse inosservato. Invece, ci spiace, ma il loro volto non sarà mai nascosto. Se vorranno far cadere il governo legittimamente eletto e mandare a casa Berlusconi dovranno metterci la faccia. E l'onore, se ce l'hanno. PS. Un certo onorevole Lo Presti, per avergli dato del traditore mi ha sfidato a duello. Visto che mi invita a scegliere il luogo e l'arma, dicendosi pronto anche a un incontro di braccio di ferro, lo aspetto uno dei prossimi giorni in un teatro di Milano, pronto ad affrontarlo con la sola arma di cui dispongo: la parola. A differenza di Lo Presti ne ho una sola, ma posso assicuragli che fa più male delle minacce e degli insulti che egli mi rivolge. PS.2 Paolo Guzzanti, autore di indimenticabili peana al Cavaliere, mi accusa invece di adorare Berlusconi, dicendo che faccio pena. Avendo cambiato idea sul premier, non mi stupisce che l'abbia cambiata anche su di me. Mi consolerò rileggendo gli sms che Guzzanti, mio ex vice, mi ha inviato fino a qualche mese fa. In essi mi supplicava di essere arruolato tra i collaboratori di Libero. Sorriderò pensando allo scampato pericolo.

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