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l'Editoriale

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di Maurizio Belpietro

carlotta mariani
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Non vorremmo si pensasse che amiamo salire in cattedra: non ne abbiamo i titoli e soprattutto non lo faremmo mai con qualcuno che ha dimostrato di saperla più lunga di noi. Ma di fronte a quel che sta succedendo, alle notizie che arrivano dal fronte politico, in particolare da quello vicino al presidente della Camera, e da quello giudiziario, alludiamo all'ultima inchiesta della Procura di Milano sulla minorenne marocchina, non possiamo tacere. Già tempo fa, quando divenne evidente lo scontro tra Berlusconi e Fini, invitammo il Cavaliere a prendere in mano la situazione e a non lasciarla marcire. Il clima già allora era pesante e a nostro giudizio non avrebbe potuto che peggiorare. Come si è visto, non ci eravamo sbagliati. Ma a distanza di mesi non possiamo che ripeterci e stavolta siamo costretti a mettere da parte il garbo, per richiamare il presidente del Consiglio ai suoi doveri, ovvero quelli di condurci fuori da questa melma. Ovviamente sappiamo bene che di questi tempi il suo umore non è dei migliori: anni di attacchi e i più recenti tradimenti avrebbero fatto venire la depressione anche al più solido dei leader. Ma Berlusconi non è un leader: è il leader, senza il quale il centrodestra in Italia non esisterebbe. Nonostante tutto quello che gli è capitato, nonostante gli sgambetti dei nemici e anche di qualche amico, il quale dichiaratamente o no pensa di subentrargli, il Cavaliere resta l'unico in grado, da solo, di guidare un partito del 30%. Mi hanno molto colpito l'altra sera, a  “Ballarò”, i dati di Nando Pagnoncelli. Pur avendo fatto infuriare Maurizio Gasparri, che lo ha contestato, il sondaggista caro al centrosinistra ha certificato che se domani si votasse Silvio rivincerebbe le elezioni. Il PdL e la Lega raggiungerebbero il 42%, mentre l'opposizione, intesa come Italia dei Valori, Pd e la sinistra di Vendola, non arriverebbe al 40%. Il terzo polo invece è stimato intorno all'11%, con un 6% dell'Udc e un 5 e rotti per il nuovo partito finiano. Ora, se dopo tutto ciò che è accaduto negli ultimi due anni - dalla crisi economica alla guerra quotidiana contro di lui e il suo partito - il Cavaliere continua a rimanere in testa alle classifiche, Berlusconi ha l'obbligo di prenderne atto e di indicare una via per uscire dal pantano. Anche se sottoposta ad aggressioni senza precedenti, la sua leadership è ancora salda, ma il presidente del Consiglio non può permettersi di attendere a lungo con le mani in mano, perché ogni giorno che passa i suoi avversari si accaniscono contro di lui e a lungo andare potrebbero avere la meglio. In questi giorni ci hanno colpito in particolare le mosse di due signori che sono stati al fianco del Cavaliere fin dalla prima ora e che invece ora si distanziano. Pur non avendo aderito al nuovo partito di Fini, Alfredo Biondi e Gabriele Albertini non hanno taciuto le difficoltà. Conoscendoli, non posso pensare che le parole dell'ex segretario liberale e dell'ex sindaco di Milano siano dettate dalla voglia di uno strapuntino. È evidente, invece, che sentono l'assenza di una direzione precisa verso cui andare e segnalano l'incertezza con cui è condotto il PdL. Noi, come abbiamo premesso, non abbiamo titoli per indicare quale strada imboccare. Ma abbiamo la sufficiente conoscenza dei fatti per dire che restare fermi è peggio che camminare all'indietro. Berlusconi deve reagire. Deve recuperare gli scontenti, motivarli e individuare una via d'uscita che dia a lui, ma soprattutto a noi, la voglia di vincere. Insomma, Silvio sveglia: devi tornare a fare il leader.

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