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Delitto Rea, ergastolo per Parolisi I familiari: "E' la fine di un incubo"

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Teramo, 26 ott. - (Adnkronos/Ign) - Ergastolo per Salvatore Parolisi. Il caporalmaggiore dell'Esercito, giudicato con rito abbreviato, è stato condannato al massimo della pena per l'omicidio della moglie, Melania Rea, assassinata con 35 coltellate il 18 aprile 2011 sul Colle San Marco di Ascoli Piceno. A emettere la sentenza, accogliendo in toto la richiesta dei pm Greta Aloisi e Davide Rosati, il gup di Teramo Marina Tommolini. Gli avvocati dell'imputato avevano chiesto l'assoluzione con formula piena. La condanna è arrivata al termine di circa quattro di camera di consiglio. Nei confronti di Parolisi sono state inoltre comminate tutte le sanzioni accessorie, compresa la perdita della patria potestà genitoriale. Stabilito anche il pagamento di una provvisionale di un milione a favore della figlia Vittoria e di 500mila euro per i genitori di Melania. Doccia fredda, dunque per la difesa, rappresentata dagli avvocati Valter Biscotti e Nicodemo Gentile, che oggi avevano chiesto per il loro assistito l'assoluzione piena e che hanno già annunciato ricorso. "Le sentenze non si discutono, si impugnano", ha infatti detto l'avvocato Biscotti aggiungendo che "Salvatore è un soldato, sa che bisogna combattere e noi siamo pronti a combattere con lui. Non ci sono problemi, la testa è alta, la sentenza è sfavorevole. La commenteremo quando avremo le motivazioni e la impugneremo". Giubbotto nero e jeans, Parolisi, a quanto riferito dai presenti, è apparso imperturbabile in aula, dove il processo si è tenuto comunque a porte chiuse. Unico momento di commozione quando il suo avvocato ha fatto cenno alla figlia, la piccola Vittoria, che l'uomo non vede ormai dal momento dell'arresto, nel luglio 2011. "E' la fine di un incubo, perché è stato trovato e riconosciuto l'assassino di Melania", ha detto Michele Rea, il fratello di Melania, a SkyTg24 dopo la lettura della sentenza. "E' l'inizio di una vita diversa - aggiunge Michele Rea - con un angolo di tristezza nel cuore, perché Salvatore ha ucciso la moglie, la mamma della sua bambina, e noi come famiglia ne usciamo comunque sconfitti, non è stata la vittoria di nessuno". In aula, insieme a Michele, era presente il papà di Melania, Gennaro. Mamma Vittoria è invece rimasta chiusa nella sua casa di Somma Vesuviana e ha appreso telefonicamente l'esito del processo. Subito dopo è iniziato un via vai di parenti e di curiosi davanti all'abitazione dei genitori di Melania, tanto da bloccare la strada in cui vivono. E' il 18 aprile 2011 quando Carmela Melania Rea, 29 anni, scompare sul Colle San Marco di Ascoli Piceno, dov'era andata per trascorrere qualche ora all'aria aperta insieme al marito, Salvatore, militare del 235esimo Reggimento Piceno, e alla loro bambina di 18 mesi. Secondo quanto verrà riferito da Parolisi, l'unico in grado di confermare questa circostanza, la donna si allontana per andare in bagno in uno chalet. Nessuno però, si apprenderà in seguito, l'ha mai vista entrare. E' lo stesso marito di Melania, trascorsi una ventina di minuti, a dare l'allarme: Parolisi, non vedendo rientrare la moglie, chiama i soccorsi e fa scattare le ricerche. Il suo corpo viene scoperto due giorni dopo, il 20 aprile, in seguito alla telefonata anonima di un uomo che, intorno alle 14.30-15.00, avverte il 113 da una cabina telefonica pubblica del centro di Teramo ma che non verrà mai rintracciato. La salma di Melania viene ritrovata in un bosco di Ripe di Civitella, nel teramano, a circa 18 chilometri di distanza da Colle San Marco, poco lontano dalla località chiamata Casermette, dove si svolgono esercitazioni militari di tiro. Presenta ferite di arma da taglio e una siringa conficcata sul suo corpo. L'autopsia, eseguita dal medico Adriano Tagliabracci, appurerà che Melania è stata uccisa con 35 coltellate, ma non vengono trovati segni di strangolamento e nemmeno di violenza sessuale. Accanto al corpo di Melania viene trovato il suo cellulare con la batteria scarica. Poi viene ritrovata anche un'altra sim card. Il segnale del cellulare sarebbe stato attivo fino alle 19 circa. Poi, non si hanno più segnali. Parolisi non viene da subito iscritto nel registro degli indagati. L'avviso di garanzia gli viene notificato il 29 giugno dello scorso anno, a più di tre mesi dall'omicidio della moglie Melania. L'arresto arriva invece quasi un mese dopo: a chiederlo il procuratore di Ascoli Piceno Michele Renzo e il sostituto Umberto Monti. A disporlo il gip Carlo Cavaresi, che il 19 luglio lo fa arrestare. Per il primo giudice che lo spedisce dietro le sbarre, Parolisi avrebbe ucciso la moglie Melania Rea a causa della situazione che si era crea ta con l'amante, la soldatessa Ludovica Perrone. La misura cautelare in carcere verrà confermata dalla Corte di Cassazione il 28 novembre del 2011: a 7 mesi dal delitto la prima sezione penale della Suprema Corte respinge il ricorso presentato dalla difesa del caporal maggiore che chiedeva di ribaltare l'ordinanza del Tribunale del Riesame dell'Aquila. Giudicato con rito abbreviato, concesso il 12 marzo scorso dal giudice Marina Tommolini, Parolisi oggi è stato condannato.

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