Mara Venier: "Ai tempi di Domenica In, Piero Marrazzo aveva preso una cotta per me"
«La verità è che io non ho avuto una vita. Ne ho avute otto, nove. De più dei gatti, amore». Veneta, ma con la sua irresistibile parlata mezza romana, Mara Venier è un torrente in piena di battute, aneddoti, ricordi. Il groviglio delle sue esperienze - tra amori lunghi o brevi, dolori, tv, cinema, figli e stili di vita - la bionda ex signora della domenica, 65 anni da pochi giorni, lo snoda in un libro. «Che non è un'autobiografia, ma un flash di vari episodi della mia memoria», dice Mara, che a un certo punto si definisce una «pesciarola». Si intitola Amori della zia (Mondadori), come la nota espressione che usa in tv, un motto che l'ha resa famigliare e amata dalla gente. Mescola la carriera, da indossatrice di cataloghi ad attrice fino a donna di televisione, qualche segreto e ovviamente gli amori, ognuno dei quali è associato a un piatto a lei caro. Perché ha scritto un libro su di lei? «Io non lo volevo fare, adesso le racconto, ma devo partire da Adamo ed Eva». Dica. «Mondadori mi ha molto corteggiata, a me sembrava ridicolo scrivere un libro, non mi piaceva l'idea di raccontare (quasi) tutto di me. Alla fine, sfinita dalle telefonate, ho accettato l'incontro. A un certo punto, mentre mia madre era malata di Alzheimer, ho pensato che, per esorcizzare il dolore, sarebbe stato importante parlarne. Al secondo capitolo, però, mi sono bloccata: non ce la facevo, era devastante. Poi è arrivata Alessia Marcuzzi». La Marcuzzi? «Sì, facevamo insieme l'Isola dei famosi, a gennaio, e lei mi ha iscritto a Instagram, il social network delle foto. Io sono l'antitecnologia in persona, ma in poche settimane ho raccolto 500.000 seguaci. Tanti, per una signora come me. E Nicola, mio marito, ha iniziato a fotografarmi mentre cucinavo. La gente ha cominciato a chiedermi le ricette e ho avuto l'idea: un libro delle mie ricette legate agli episodi della mia vita. Ma il mio vissuto, alla fine, ha avuto la meglio». Iniziamo da lì: dal primo amore, Francesco Ferracini, aspirante attore. Lei aveva 17 anni: resta incinta e si sposa. «La mia prima cotta. L'uomo più bello che avessi mai visto. La prima volta che ho fatto l'amore, ho concepito. Mi sono sposata in chiesa, i miei genitori hanno firmato per me. Più che un matrimonio sembrava una prima comunione. Non avevo nemmeno detto loro che ero incinta. Avrei potuto poi chiedere l'annullamento alla Sacra Rota per vizio di consenso. Non l'ho fatto, non rinnego nulla». Colpo di scena: niente viaggio di nozze. «Macché, lui se ne va a Roma. “Voglio fare l'attore”, mi disse. Cominciamo bene, pensai. E io me ne resto a Mestre: un mezzo scandalo. Ero ingenua, gnoccolona. A Roma lo raggiungo dopo per chiedere il divorzio. E mi innamoro della città, ci rimango». Inizia a fare la modella e poi arriva il cinema. «Avevo con me Elisabetta, mia figlia. Aveva un anno e mezzo. Il mio ex mi presentò un regista, Sergio Capogna. Che alla fine fece un provino a me e non a lui. Durante le riprese di quel primo film mi separo perché... mi innamoro di un altro: il padre di mio figlio Paolo. Devo al mio primo marito di avermi aperto le porte di Roma. Faccio l'attrice per caso. Il mio sogno era quello di aprire una profumeria». Ha l'innamoramento facile? «No. Ho avuto poche storie, tutte lunghe: fatico a chiudere, ho pazienza infinita. Ma quando è finita, è finita». Con Jerry Calà ha avuto molta pazienza: gli ha perdonato parecchie avventure, vero? «Eravamo due ragazzi, lui era un discolaccio, birichino. Gli facevo il pesce finto e lui mangiava subito la testa e la coda. Una volta mi disse: “Vado a Milano perché devo vedere il commercialista”. Qualche giorno dopo, vado dal giornalaio e lo vedo su una rivista: era in una discoteca abbracciato a una bonazza, che dopo poco scoprii essere un trans. “Eccolo qui il tuo commercialista”. Quando ho chiuso, gli dissi: per un anno non mi chiamare. Lo fece. E poi siamo diventati inseparabili amici. Oggi è una persona importante per me, uno di famiglia». Con Renzo Arbore, altro suo ex, è meno amica? «Già. Per lui ho grande affetto, rispetto, stima. Di lui parlo poco. Mi ha insegnato tanto, siamo stati insieme 12 anni, la voglia della tv me l'ha fatta venire lui. Nel mio libro non parlo male di nessuno». Come mai? «Per me è stato una terapia d'urto. Nato in un momento particolare: da poco è mancata mia madre, per tre settimane non mi sono alzata dal letto, una perdita inimmaginabile. Tornare a scrivere, magari cose divertenti, mi ha riportato alla vita». Tra le cose divertenti che racconta c'è la sua storia d'amore con Armand Assante, l'attore americano. Un anno e mezzo vissuto pericolosamente... «Un figo pazzesco. Andavo da Roma a New York appena mi chiamava. Non capivo niente di quello che diceva: non so mezza parola di inglese. So solo che quando mi diceva al telefono quelle tre paroline, I miss you, “mi manchi”, io ero già sull'aereo per l'America. Andavamo a Bora Bora, nel suo ranch a Orange County, io carica di valigie Samsonite piene di pecorino e pancetta per fargli le lasagne. Una passione travolgente. Ho dovuto chiudere, mi sono salvata. Ma prima di lasciarlo gli ho fatto una bellissima lasagna». C'è un uomo di tv, non citato nel libro, che pare avesse una cotta per lei: Michele Santoro. È vero? Ride. «Ma va, una leggenda metropolitana. Siamo stati amici, ci si vedeva, ci si divertiva, mi piaceva molto, ma è stato solo una persona amica». E che Piero Marrazzo prese una cotta per lei che ci dice? «Un grande amico, ma è vero: lo vedevo nei corridoi della Rai quando io conducevo Domenica in e lui lavorava nella squadra del Tg2: si vedeva chiaramente che aveva preso una sbandata per me». Addirittura, nelle deposizioni, il trans Natali, parlando di Marrazzo, diceva che agli inizi del loro rapporto il giornalista si sfogava, disperato: amava una conduttrice famosa ma non era corrisposto. «Ero proprio io, questa cosa non l'avevo mai confidata a nessuno». Ci racconti l'episodio del corteggiatore con la mozzarellina… «Erano tre anni che questo ce provava, che mi corteggiava. E io niente. Eravamo entrambi, come dire, impegnati e…famosi. Alla fine ho detto di sì, “esco a cena con te”. Allora lui mi invita a pranzo da lui. Eravamo d'accordo per martedì, la mattina mi chiama e mi dice: “Sai, volevo dirti che sono a dieta, faccio un'insalatina e una mozzarellina”. M'è venuta 'na tristezza. Mi corteggi, il nostro primo incontro potrebbe essere qualcosa di seducente e tu me dai 'na mozzarellina? A una godereccia come me, io che mangio tre/quattro brioche al giorno? Gli ho detto: “Scusami, ho un impegno, non posso venire”». Nel libro dice che voleva farsi suora. Ma davvero? «Sì, dai sei ai dodici anni, mica poco. Ho vinto il premio di catechismo, lo conservo ancora nella casa di Mestre. Me lo aveva consegnato don Gino Trevisan, il prete che anni dopo mi sposò… Mia mamma non ci credeva, ero un tale maschiaccio. Ero molto molto cattolica andavo sempre in chiesa. Poi ho cambiato idea». Dopo tanti amori, prima di conoscere suo marito Nicola Carraro, ha avuto un periodo buio. «Lavoravo tanto, ero la signora della domenica, intervistavo i divi di Hollywood e quando incontrai Antonio Banderas innamorato di Melanie Griffith, e vidi come erano affettuosi l'uno con l'altra, sentivo che mi mancava qualcosa. Ero infelice, sola. Questa inquietudine, unita al carattere curioso, mi ha fatto esplorare diverse cose. Sensitivi, cartomanti... A Roma c'era un parrucchiere dove lavorava una persona che leggeva i fondi del caffè. E io sempre da questo parrucchiere. Le “cose orientali” le ho provate tutte. Per un periodo sono stata buddista. Sono andata da una cartomante, ogni sera dopo mezzanotte con Edwige Fenech, mia amica, andavamo da questa che si chiamava la “gattara”». E cosa le diceva «la gattara»? «Una delle ultime volte ero con Edwige. Mi disse: “Troverai il grande amore della tua vita, sì. Per te vedo il mare, i viaggi, le isole”. Pensai: “Ecco, sarà uno con un'agenzia di viaggi”. Dovevo mettermi con un tour operator a tutti i costi. Così, a ogni persona che conoscevo, chiedevo: “Ma tu, per caso, hai un'agenzia di viaggi?”». Invece quell'uomo era Nicola Carraro. «Essì, quando lo conobbi, viveva ai Caraibi. Ho collegato tempo dopo. Nicola è stata persona giusta al momento giusto. Prima di lui, sono sempre stata attratta da persone che non condividevano il mio progetto d'amore, di vita normale». Come vi siete conosciuti? «Ci ha presentato Melania Rizzoli. La prima sera a cena, mi continuava a chiedere della mia pasta e fagioli. Non capivo. Poi piano piano siamo diventati inseparabili. La prima volta che mi ha detto “ti amo” io ho risposto: “Nicola, ma guarda che io sono una pesciarola”. Non so perché. Quando Nik mi ha chiesto di sposarmi in ginocchio mi sono messa a piangere, ho subito chiamato Walter Veltroni, allora sindaco di Roma, per farmi sposare. Sognavo un bel matrimonio». Infatti furono nozze da favola, alla «Gangs of New York». «Un'idea pazzesca, un matrimonio alla Little Italy. Ma successe di tutto. Fu il panico quando gli organizzatori mi dissero che mancavano i gabinetti. E poi gli invitati… Katia Ricciarelli non voleva venire se fosse venuto Pippo Baudo, la Marini dava forfait se io avessi invitato Cecchi Gori. Allora ho detto: “Sentite ragazzi, io invito tutti quanti, poi fate come c… vi pare”». Lei ha trovato l'amore quasi a 50 anni, ci sperava più? «Forse avevo un po' represso il bisogno di un compagno. Negli anni mi sono sentita inadeguata: non era così. Avevo solo di fronte persone che non potevano darmi quello che volevo. Non basta una vita a imparare a volersi un po' bene. E poi è arrivato Nik…». L'amore allora cos'è: questione di cuore, ragione, o fortuna? «È una gran botta de culo». intervista di Alessandra Menzani