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Gianfranco Fini: "Il Berlusconismo è riuscito dove ha fallito il Marxismo"

Andrea Tempestini
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Che fine ha fatto, Gianfranco Fini? L'ex futurista ed ex presidente della Camera, ora, si occupa di Liberadestra, il suo ultimo think-tank, un associazione con la quale (forse) prepara la strada per un tentativo di ritorno in politica. E proprio per Liberadestra, pochi giorni fa (il 16 aprile), Fini ha scritto un intervento: si parla di lavoro, del jobs act di Matteo Renzi. Coccole a Matteo - L'ex An scrive: "C'è da augurarsi che sia l'occasione per uscire definitivamente dalla stagione delle promesse elettorali e delle formule magiche per avviare un progetto di lungo periodo che sappia segnare la ripresa in termini di produzione". Per Gianfy, il progetto di Renzi "è una sfida, in assoluto e in particolare per un governo di larghe intese. Molte le trappole - avverte -, le infatuazioni momentanee, il peso degli interessi privati e corporativi. Ma è una sfida ineludibile". Frasi con le quali il sub di Giannutri, insomma, si coccola il premier Matteo. La premessa - "Fortunatamente - prosegue Gianfranco -, come testimoniano le pagine seguenti (quelle del "quaderno" sul lavoro, ndr), abbiamo elaborato proprio una riflessione che, a partire dalla 'pulizia ideologica' del tema - incrostato da retorica di destra e sinistra - individui le condizioni di investimento serio e duraturo sul lavoro come motore di ripresa del Paese". Un lungo preambolo con il quale Gianfry prepara il suo ultimo personalissimo attacco a Silvio Berlusconi. Peggio di Marx - "La realtà - continua - è che la politica italiana per troppo tempo ha lasciato che il tema dei diritti, delle tutele e delle opportunità di crescita e di guadagno delle persone che è un tema di tutti, fosse etichettabile come proprio di una parte politica, in una logica antagonista". Ed eccoci all'attacco: "In questa operazione, paradossalmente, il Berlusconismo è riuscito laddove il Marxismo aveva fallito, ossia nell'istituzionalizzare il conflitto di classe, cristallizzando la dicotomia tra lavoratori e datori di lavoro". Rosso Silvio - Per Fini, insomma, Berlusconi è "peggio" di Marx (o "meglio", dipende dai punti di vista, dato che è "riuscito" laddove Marx aveva fallito). Una sparata notevole, quella dell'ex presidente di Montecitorio. "Per cui, ancora oggi - chiosa -, la destra paga lo scotto di una applicazione faziosa del neoliberismo di casa nostra, con una predilezione per il lavoratore solo se self made man e con una visione del lavoro come ambito non da costruire, ma da 'liberare', a favore di imprenditori vessati dallo Stato e condizionati da lavoratori belligeranti". Passato, addio - Insomma, in poche righe Gianfranco - oltre al fantascientifico paragone tra Cav e Marx - cancella con un tratto di penna le battaglie del centrodestra a favore del popolo delle partite Iva e per gli imprenditori vessati dal mostruoso peso fiscale italiano. In poche righe, Fini, cancella anni da appartenenza politica (ma questo, in effetti, sorprende soltanto fino a un certo punto).

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