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Letta: "Torno in Italia e parlo con Napolitano, il Pdl chiarisca"

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Il premier infuriato con Berlusconi: "Umiliano l'Italia". Sarebbe pronto a gesti clamorosi: verifica in Aula o dimissioni. Le sue

Roberto Procaccini
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"Domani mattina, appena tornato in Italia, mi farò una doccia. Poi andrò da Napolitano e studierò il da farsi". Trova anche la forza di scherzare, il premier Enrico Letta. Ma il suo umore è nero. Dagli Stati Uniti, dove ha parlato all'Onu, il presidente del Consiglio ha accolto male, malissimo l'iniziativa dei parlamentari del Pdl che hanno annunciato mercoledì sera l'intenzione di dimettersi in massa nel caso il Senato voti la decadenza di Silvio Berlusconi. "Il Pdl ha umiliato l'Italia", è l'affondo del premier, deluso per non aver "sentito il necessario clima di solidarietà" intorno a sé e alla propria missione americana. L'accelerazione verso la crisi ha "turbato questa tre giorni", ammette, prima di spiegare: "Ho intenzione di chiedere non una verifica ma un chiarimento davanti ai cittadini. Voglio che il Pdl dia un chiarimento politico, mi devono dire dove vogliamo andare, se vogliamo gettare al vento i sacrifici fatti". Dalla sua parte avrà certamente il Quirinale: i beninformati riferiscono di un presidente della Repubblica infuriato per la strategia del Pdl. Fiducia e dimissioni - Resta dunque un'impressione. Altro che dimissionari Pdl o Silvio Berlusconi: a staccare la spina al governo di Enrico Letta potrebbe essere lo stesso premier. Letta è stanco dei tira e molla dei partiti di maggioranza. Già, ma come può uscirne? La prima ipotesi è sfidare gli azzurri in aula con un voto di fiducia sul governo. L'intento è chiaro: stanare i falchi Pdl che, ai suoi occhi, logorano la tenuta dell'esecutivo con le battaglie sull'Iva e sulla decadenza del Cavaliere, così da consegnare all'opinione pubblica "i veri responsabili della caduta del governo". La seconda è ancora più tranchant: secondo quanto scrive Carlo Tarallo per Dagospia, Letta sarebbe pronto a far saltare il banco con dimissioni secche e irrevocabili appena torna dal viaggio istituzionale negli States. Anzi, Letta sarebbe addirittura disposto ad anticipare il rientro dall'estero pur di farla finita presto. La seconda opzione e le paure Pd - Le eventuali dimissioni del premier porterebbero maggiore scompiglio nel Pd che nel Pdl. Secondo le fonti giornalistiche, la prima conseguenza sarebbe l'annullamento del congresso dell'8 dicembre. In seconda battuta i quattro candidati alla segreteria (Pippo Civati, Gianni Cuperlo, Gianni Pittella e Matteo Renzi) verranno chiamati a sottoscrivere un documento nel quale accettano di mantenere separate le figure di segretario di partito e candidato premier, motivo di impasse all'ultima assemblea democratica. Se Renzi non dovesse accettare questa condizione, i dissidi interi al Pd potrebbero diventare crisi aperta, con conseguenti dimissioni di Guglielmo Epifani e salto nel buio. Ma sono solo prospettive che trapelano dagli ambienti Pd, le stesse che raccontano che, all'interno del partito, cresce il numero di quanti si vogliono tenere stretto Letta, al punto da candidarlo a segretario o nuovamente a premier.

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