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Scelta civica, incontro Monti-Casini: Pieferdy vuole l'Udc da sola

Domani mattina faccia a faccia nello studio del Prof: gli ex democristiani non ne possono più delle sue frecciate e sognano la scissione

Giulio Bucchi
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Domani mattina, venerdì 21 giugno, si saprà se Scelta civica è destinata a durare oppure avrà ballato (male) giusto per una mezza stagione. Alle 9.30 a Palazzo Giustiziani, nel suo studio, Mario Monti incontrerà Pierferdinando Casini per fare il punto sullo stato di salute del movimento nato per le elezioni politiche dello scorso febbraio, bocciato dagli elettori e, di fatto, ridotto a ruolo marginale in Parlamento (dove il suo apporto al governo è totalmente superfluo) e, peggio, nell'opinione pubblica. Citando un po' lo scrittore americano Kurt Vonnegut e un po' l'ex magistrato, oggi deputato montiano Stefano Dambruoso, si potrebbe parlare di colazione dei campioni. "Da una parte - spiegava un imbarazzato Dambruoso qualche giorno fa - c'è un campione della politica come Casini, dall'altra un campione della società civile come Monti". Logico, ammetteva il deputato, che qualcosa non vada liscio. In realtà, la situazione è un po' più grave di qualche increspatura.  Strappo tra moderati - L'impressione è che tra qualche ora si potrebbe ratificare la fine del gruppo parlamentare di Scelta civica e il ritorno, per Pierferdy, alla mai abbondanata Udc. La goccia che ha fatto traboccare il vaso centrista è stato lo scontro in aula a Palazzo Madama sulle nomine nei Cda delle società a partecipazione pubblica. Giovedì Casini, presidente della commissione Esteri, non si è trattenuto e ha deciso di votare in aperto dissenso rispetto alla maggioranza del partito sugli emendamenti presentati dallo stesso gruppo. Uno strappo eclatante, con 21 senatori divisi: 14, i montiani, astenuti, e 7 (da Antonio De Poli ad Aldo Di Biagio e Claudio Zin) votanti. E agli ex democristiani non è andato giù l'atteggiamento che il professore Monti sta tenendo da mesi, per la precisione dall'indomani del flop elettorale. Prima la richiesta di avere un ruolo defilato nel partito nato e cresciuto attorno alla propria figura (un nonsense politico), quindi l'accusa rivolta agli Udc di badare solo alle poltrone. L'affondo di Cesa - "Dovevamo fondare un partito insieme - si è lamentato fuori dai denti il segretario Udc Lorenzo Cesa - e all'improvviso quello invece va in conferenza stampa e osa dire che noi dell'Udc cerchiamo solo quote di potere... No, dico: siamo impazziti?". "O c'è un chiarimento - avvertiva Cesa -, oppure questa esperienza con Monti, per noi, può considerarsi chiusa. In ogni caso, tanto per essere precisi, noi chiederemo subito che nei simboli dei gruppi, in Parlamento, accanto alla scritta Scelta civica venga aggiunto il simbolo Udc". Il sondaggio di Casini - Il chiarimento, se ci sarà, potrebbe arrivare a ore. E si vedrà chi dei due campioni resterà in piedi al centro del ring. Per Monti però marca male. Secondo i propri freschissimi sondaggi, riferisce Lettera43.it, Casini avrebbe la certezza che se avesse corso da solo a febbraio l'Udc avrebbe incassato, come minimo, un discreto 4,8 per cento. Ora invece, annacquato e relegato in un angolo, deve recuperare anche quell'elettorale moderato diviso in mille rivoli anzichè riunito sotto l'egida montiana. Deve fare presto, Casini, altrimenti morirà politicamente. E se deve morire, tanto vale morire democristiano.  di Claudio Brigliadori

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