Vatileaks, Francesca Chaouqui cercò di presentare i genitori di Renzi al Papa, Francesco s'infuriò e si diede malato
Francesca Immacolata Chaouqui, il giorno dopo la bufera mediatica che l'ha investita, scrive su Facebook in tono addolorato che «mai e poi ho tradito il Papa» e che anzi «non c'è niente che abbia amato e difeso più della Chiesa e del Papa». E ancora: «Avrei potuto stare a casa e non presentarmi in Vaticano ma come sempre ho anteposto tutto al Papa». A dimostrazione, una volta di più, di quanto si consideri vicina a Francesco, considerato il suo «faro» spirituale e non. Eppure, sembra aver ignorato alcuni aspetti centrali della personalità del Pontefice. Ad esempio, il fatto che non sopporta che gli venga imposta la presenza di «amici degli amici» o di qualcuno che vuole a tutti i costi avvicinarlo. Lo sa bene, tra gli altri, l'ex sindaco Ignazio Marino, che ha avuto l'onore di essere «smentito» in diretta proprio dal Papa, rispetto ad un presunto invito papale durante la visita negli Stati Uniti. Non ne deve aver tenuto conto quella volta che portò i genitori del premier Matteo Renzi a Santa Marta, la residenza diventata quartier generale del Papa. Si racconta, infatti che, avendo ampio accesso alle sale vaticane in quanto membro della Cosea, la Commissione referente sulle strutture economico-amministrative della Santa Sede, la Chaouqui deve aver pensato che non ci fosse nulla di più semplice dell'idea di far entrare i genitori del presidente del consiglio nei locali della mensa, al piano terra della residenza di Santa Marta. Sembra che però il Pontefice fosse stato informato in tempo di quella sorta di «incontro obbligato» e non si fece vedere, adducendo la scusa di non sentirsi bene per evitare di incontrarli. Quell'episodio, aveva indisposto Francesco e l'astro in ascesa cominciava a declinare. Fino a quando, nel maggio del 2014, i suoi incarichi ufficiali le sono stati revocati. Intanto, però, la giovane lobbista cercava di rinsaldare i suoi legami con l'entourage renziano, e dunque ecco i tentativi di fare amicizia con Luca Lotti - senza grandi risultati - e poi con Marco Carrai, amico intimo del premier, con maggior fortuna, tanto che con il marito vennero invitati al matrimonio dell'imprenditore fiorentino. Fin dai primi momenti della sua irresistibile ascesa, però, anche nel mondo vaticano, e tra gli addetti ai lavori, qualcuno aveva sollevato domande sull'opportunità di una simile scelta per un posto di tale responsabilità. Lo ha fatto, tra gli altri, il vaticanista Sandro Magister, in più di un articolo ampiamente documentato. Attirandosi le sue profonde antipatie. Basti rileggere che cosa ha scritto, su Facebook, il 16 giugno scorso, per commentare la notizia che al giornalista era stato ritirato l'accredito presso la sala stampa vaticana per aver diffuso il testo dell'enciclica papale Laudato sì violando l'embargo. «Sandro Magister, professione vaticanista. Fiero contestatore della mia stessa esistenza, sostenitore del mio essere inadeguata, pericolosa, spregiudicata, motivo di imbarazzo per la Santa Sede, una sorta di demonio capitata in Vaticano per fare un dispetto a Papa Francesco. (...) A lui oggi, baluardo della moralità, viene ritirato l'accredito permanente (...) Niente di peggio per un vaticanista. Ecco la credibilità e la professionalità di chi mi ha screditato in modo falso e violento per mesi e mesi. La giustizia divina e quella umana hanno un tempo, più o meno lungo ma arrivano sempre. Auguri Sandro, ex vaticanista!». La Chaouqui oggi protesta la propria innocenza, dopo aver scaricato ogni responsabilità su monsignor Vallejo Balda, dichiarando che è lui la mente delle operazioni: «Non sono un corvo, non ho tradito il Papa. Non ho mai dato un foglio a nessuno. Mai a nessuno», scrive sui social. Poi avverte i giornalisti e le «fonti bugiarde che giocano al massacro», spiegando che non è vero che ngli hanno negato l'accesso al Vaticano. E ancora «Attenti a verificare bene quello che fate, dite e scrivete. Non sono in vena di tolleranze delle calunnie. Alla prima mossa falsa parto di querela». di Caterina Maniaci