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La Fornero vieta ai giornalisti di ascoltarla

Elsa Fornero

Sconcertante Elsa, vieta ai cronisti di ascoltarla: "Se ci siete voi devo pensare a tutte le mie parole". Abbiamo un ministro terrorizzato da se stesso

Andrea Tempestini
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  Una ministra molto choosy. Elsa Fornero. Se ci sono i giornalisti lei non parla. Quindi, tutti fuori. Tutto vero. I cronisti sono stati fatti allontare per ordine del ministro del Lavoro dalla sala dove era in corso un convegno, nella sua Torino. I fatti. Elsa si presenta alla Fondazione avvocatura torinese Fulvio Croce dove era attesa per discettare di riforma del Lavoro. Ovvia la nutrita presenza di penne in aula: entrano, si accomodano, estraggono telecamere, penne e bloc notes. L'incontro viene presentato da un relatore. Poi, a sorpresa, la perentoria richiesta: "E' un incontro a porte chiuse. Preghiamo i giornalisti di lasciare dall'aula". I cronisti, sbigottiti, eseguono. Il terrore di se stessa - La Fornero, insomma, ha paura delle sue stesse gaffe: l'ultima, quella sui giovani "choosy" (ossia schizzinosi nella scelta del primo posto di lavoro), in questo caso le si ritorce contro come il più atroce dei contrappassi. La schizzinosa è lei. Ma non è solo schizzinosa. E' terrorizzata da ciò che le può uscire dalla bocca. E lo è a ragion veduta, considerato il suo nutrito curriculum di scivoloni. E' terrorizzata e lo ammette, con la consueta "spensieratezza": "Se ci siete voi sarò costretta a parlare molto più lentamente, perché dovrò pensare ogni parola". La controffensiva - Ma dopo la prima "cacciata", i giornalisti non mollano. Si riorganizzano. Ci riprovano. Si ripresentano al secondo appuntamento pubblico della giornata torinese di Elsa, di pomeriggio: un incontro all'Unione industriale. Si parla sempre di riforma del lavoro. I cronisti prendono posto, questa volta a differenza del mattino si siedono: la platea è molto meno nutrita e trovan posto. E riecco il diktat dell'organizzazione: "Preghiamo tutti i cronisti di uscire, perché questo incontro è tra il ministro e i ragazzi". Ma questa volta c'è una reazione, lo scatto d'orgoglio dei cronisti. Restano tutti seduti. Nessuno infila la penna nella giacca né spegne il registratorino. Gli organizzatori sembrano desistere. Parla una ragazza, il primo intervento è quello di una giovane imprenditrice. Al termine viene ripetuto lo sconcertatnte appello: "Preghiamo nuovamente i giornalisti di lasciare l'aula". "Non ce ne andiamo" - Un cronista più audace degli altri si alza e grida: "No. Non ce ne andiamo, perché noi, come voi, stiamo facendo il nostro lavoro e abbiamo il diritto di farlo". Silenzio. Trenta secondi di imbarazzato silenzio. Quindi parla lei, la ministra molto choosy, che getta la maschera, e come già riportato afferma: "Va bene. Ma se è così sarò costretta a parlare molto più lentamente, perché dovrò pensare ogni parola". Quindi il consueto "pianto": "Saranno gli errori a fare i titoli, perché succede sempre così. Tu parli per 40 minuti e dici cose sensate e positive. Poi ti scappa una parola, e basta quella per fare il titolo, basta quella per determinare dibattiti che durano settimane. E questo è uno stato del mondo, ed è inutile lamentarsene". Già, inutile lamentarsene. Meglio la censura molto "choosy". Come se i giornalisti, a differenza di Elsa, non potessero sbagliare.  

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