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Kyenge, adozioni bloccate:Il giallo dei 50mila euromandati in Congo da Letta

Lucia Esposito
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Il decreto di nomina è arrivato alla segreteria del consiglio dei ministri già a metà della scorsa settimana, con la firma del ministro dell'Integrazione, Cecyle Kyenge. Dopo settimane di polemiche e nel pieno dello scandalo sulle adozioni in Congo era finalmente arrivata la proposta di nomina del nuovo vicepresidente operativo della Commissione adozioni internazionali. Il presidente della commissione è il ministro in carica (la Kyenge), che ha poteri di indirizzo politico ma non ha poteri operativi, né diritto di firma, che spetta al vicepresidente. Chi sedeva su quella poltrona, Daniela Bacchetta (un magistrato, qualifica di solito richiesta per l'incarico) dopo sei anni e un rinnovo, aveva terminato nel cuore della scorsa estate. Era stata prorogata per 45 giorni, lasciando inevitabilmente l'incarico vacante nella prima settimana di novembre, quando proprio stava per diventare pubblico il caso Congo. Per la sostituzione la Kyenge aveva preparato il decreto di nomina di Silvia Della Monica, anche lei magistrato (fu il capo del Pool che fece le indagini sul mostro di Firenze), ma con un recente passaggio anche nella politica, visto che la scorsa legislatura era stata eletta in Senato nelle fila del Pd.  Quando il decreto di nomina è arrivato sul tavolo del consiglio dei ministri, Enrico Letta ha preso in mano il fascicolo e chiesto di rinviare e soprassedere. A chi dopo la riunione ha chiesto le ragioni di questo inatteso stop, Letta ha spiegato allargando le braccia che purtroppo per quella carica c'erano anche altri candidati proposti all'interno del Pd, e uno di questi sembrava avere il gradimento di Matteo Renzi: «Non ho verificato la cosa», ha aggiunto Letta, «però è meglio non fare nessuno in questo momento per non creare polemiche». E se la commissione sulle adozioni si bloccherà? «Colpa delle correnti Pd», avrebbe sospirato il premier. Vera o meno che sia questa battuta (già in altre occasioni attribuita al presidente del Consiglio, che ha negato di averla mai pronunciata), è un fatto che la poltrona resta vuota e la commissione per le adozioni internazionali azzoppata nella sua funzionalità proprio in uno die momenti più delicati dalla sua creazione. Al consiglio dei ministri si è fatto anche il punto della crisi congolese, che è ben lungi dall'avere trovato una via di soluzione. In un dossier riservato dove si ripercorrono anche le tappe meno note della vicenda, è emerso che nelle mani del governo di Kinshasa erano arrivate misteriosamente due liste assai diverse fra loro di italiani che avevano il diritto all'adozione di bambini congolesi. Una prima sembra essere arrivata alla Direzione generale delle Migrazioni del Congo dalle associazioni per l'adozione (Enzo B, Cinque pani e Abi), una seconda è quella trasmessa ufficialmente dal governo italiano con il timbro della commissione per le adozioni, dopo le verifiche di rito operate dal ministero degli Interni sui genitori adottivi. Molti nomi sono comuni alle due liste, ma in quella ufficiosa ce ne sono non inseriti in quella ufficiale.  Un vero giallo, che ha complicato non poco i rapporti con l'Italia ed è stato all'origine della sostanziale prigionia cui sono stati costretti i 52 genitori italiani in questi mesi. Nei fitti colloqui fra le parti dalla Dgm congolese è arrivata al governo italiano anche una richiesta economica per sanare l'incidente (e pagare i presunti oneri burocratici che il giallo avrebbe creato alle autorità congolesi): 250 mila dollari. Un aspetto che ha fatto diventare ancora più delicato il caso internazionale: non per l'entità della somma, ma per la difficoltà di motivarne un eventuale esborso. Siccome non ne se capivano le reali motivazioni, sia pure non in modo ufficiale, in Italia si è presa la richiesta come una sorta di ricatto per lasciare partire i genitori trattenuti là. La struttura diplomatica non ha potuto fare a meno di coinvolgere la massima autorità politica italiana. Il caso è stato affrontato con Letta, che alla fine ha deciso di autorizzare un rimborso massimo di 50 mila euro per le spese burocratiche del caso. Dal 26 al 29 dicembre scorso sono partiti con quel piccolo gruzzolo per il Congo un dirigente del ministero della Kyenge e uno del ministero degli Esteri. La somma ufficialmente è stata messa a disposizione dell'ambasciatore italiano a Kinshasa, Pio Mariani per affrontare «gli extra-costi delle varie emergenze». La somma in ogni caso non è stata utilizzata per le spese di rientro in patria delle famiglie italiane, anche perché queste erano già comprese nelle quote versate alle varie associazioni per l'adozione prima di partire per il Congo.  Franco Bechis                  

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