Cerca
Cerca
+

Nel giorno dei maròassenti solo i politici

Migliaia sfilano per Latorre e Girone ma le istituzioni, salvo Alemanno e pochi altri, si defilano. Fischi a Marino per i poster rimossi

Matteo Legnani
  • a
  • a
  • a

«Tutti insieme, nessuno indietro», perché Massimiliano Latorre e Salvatore Girone possano tornare a casa prima possibile. La manifestazione organizzata ieri a Roma dalle famiglie dei due fucilieri del San Marco, trattenuti ingiustamente in India da oltre 600 giorni, per chiederne la liberazione e far sentire loro la vicinanza dell'Italia intera, è stata un successo, molto più di quella dello scorso giugno organizzata dai politici che, questa volta, invece, hanno dato forfait, mostrando la pressoché totale indifferenza verso una vicenda che macchia il nostro Paese dell'inenarrabile colpa di non saper riportare a casa due concittadini.  Migliaia le persone, arrivate da ogni parte dello stivale, ma anche dall'estero, che hanno voluto far sentire il loro calore ai due marò. Un pezzo di Nazione, quella civile, che ha dato una lezione morale alla politica, rimasta in vergognoso silenzio. Per quasi due ore, sotto la pioggia battente, i partecipanti hanno gridato incessantemente «liberi subito», cantando a più riprese l'inno di Mameli, mentre centinaia di bandiere tricolori sventolavano lungo il corteo. Tra i pochissimi esponenti di partito, l'ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno, uno dei pochi che ha voluto presenziare e che non a caso ha sollevato la polemica. Parlando all'Adnkronos ha ricordato: «È sconcertante l'assenza degli esponenti politici a questa manifestazione. In questa vicenda il governo deve darsi un tempo entro il quale dovrà ritirare i militari dalle missioni all'estero, perché non è possibile lasciarli senza una tutela e una protezione sicura». Ha ribadito il concetto anche la parlamentare europea Roberta Angelilli (Partito popolare europeo), anche lei presente: «Penso che sia necessario alzare di nuovo la voce su questa vicenda e quindi hanno fatto bene i parenti e le associazioni a scendere in piazza. Il silenzio, in alcuni passaggi, è assordante e questo vale soprattutto per l'Unione Europea. Oggi stesso preparerò un'interrogazione urgente alla commissione europea affinché se ne occupi concretamente».   E benché Roma abbia accolto la manifestazione, i partecipanti, in coro, hanno contestato a più riprese il sindaco della Capitale, Ignazio Marino: «Marino buffone, rimetti lo striscione», hanno cantato riferendosi al fatto che il primo cittadino abbia fatto togliere dalla facciata del Campidoglio la scritta «Salviamo i nostri marò». Come si ricorderà, la gigantografia era stata affissa al palazzo comunale all'epoca dell'amministrazione Alemanno. Marino l'aveva fatta togliere, lo scorso ottobre, tra mille polemiche. Si dice a causa di un'imposizione della Sovrintendenza alle belle arti, anche se, di fatto, una spiegazione ufficiale sul gesto che ha lasciato indignata l'Italia intera, il sindaco in carica non l'ha mai data.  Massimiliano e Salvatore, dall'India, hanno seguito con attenzione l'evento. «Sono qui con me - ha detto a Libero l'ambasciatore Staffan De Mistura, inviato speciale presso il governo indiano per la vicenda marò - e sono felici. Sentono l'abbraccio dell'Italia intera. Un plauso ai partecipanti. Stiamo aspettando, a giorni, il capo d'imputazione, poi vedremo che fare». Tra i presenti anche molte associazioni combattentistiche e d'arma, esponenti di Casa Pound e Santo Pelliccia, classe 1923, reduce della battaglia di El Alamein e il giornalista Toni Capuozzo, che da sempre sostiene l'innocenza dei due militari. «Abbiamo impiegato tante energie per organizzare questa giornata a voi dedicata - ha detto Paola Moschetti, compagna di Latorre, riferendosi ai marò -. Oggi l'Italia sta dimostrando la solidarietà di un popolo che non lascia i suoi fratelli indietro». E anche Vania, moglie di Salvatore, ha voluto dire: «Questa vicenda ha segnato la nostra vita, ma ce la faremo. Salvatore vi lascia un pensiero e vuole dirvi: “Sono certo che nella nostra situazione qualsiasi soldato nel mondo e qualsiasi Paese lotterebbe per far sì che vengano riconosciuti i diritti propri e internazionali e, nel nostro caso, anche la propria innocenza”». E la politica del mondo intero, forse, lo supporterebbe. Peccato non lo stia facendo quella italiana. di Chiara Giannini

Dai blog