"Vi spiego perché i Marò sono innocenti"
«La linea dell'arbitrato internazionale è sbagliata. Lo ripetiamo da mesi: Massimiliano e Salvatore sono innocenti»: Stefano Tronconi, l'ex dirigente di azienda che, con Luigi Di Stefano e il giornalista Tony Capuozzo ricostruì i fatti legati al caso dell'Enrica Lexie, ha la certezza che l'unica strada percorribile sia quella dell'innocenza. Perché ha deciso di approfondire il caso? «Per semplice passione. Su Facebook avevo visto la ricostruzione fatta da Di Stefano. Essendo stato diverse volte in India decisi di lavorare sulla vicenda e trovai on line l'intervista che una tv locale indiana fece all'armatore del peschereccio St Antony, Freddy Bosco, poco dopo il suo rientro in porto. Mettendo insieme i tasselli del puzzle capii che quanto affermato dall'India non tornava e decisi di rivolgermi a Capuozzo per raccontarlo». Che cosa accadde il 15 febbraio 2012? «La Enrica Lexie, con a bordo Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, si imbatté in un barchino pirata intorno alle 16. I due marò spararono in acqua alcuni colpi di avvertimento. Il barchino cambiò rotta e se ne andò. Il rapporto sull'incidente venne comunicato poco dopo all'autorità internazionale e, quindi, la notizia arrivò alla Guardia costiera indiana. Alle 21.30 circa dello stesso giorno una nave greca, la Olympic Flair, ebbe un incidente con due barche che, verosimilmente, erano un barchino pirata e il peschereccio St. Anthony, che si trovò tra due fuochi. I pirati spararono e dalla Olympic Flair risposero. Nel conflitto a fuoco vennero uccisi i due pescatori. Freddy Bosco fuggì con i due corpi a bordo, comunicando la situazione alla Guardia costiera indiana che, alle 21.36, avendo avuto notizia solo dell'incidente precedente della Lexie e non essendo a conoscenza di quello della nave greca, chiese agli italiani di entrare immediatamente in porto a Kochi. La Enrica Lexie eseguì, anche su ordine dei vertici della Marina». Perché la nave greca non venne coinvolta? «Perché la stessa si allontanò dal luogo dell'incidente e inviò solo alle 22.20 il rapporto all'International marittime organization, l'autorità internazionale che rileva queste informazioni». Che disse l'armatore nell'intervista rilasciata alle tv locali? «Freddy Bosco, in realtà, questo lo abbiamo appreso da una successiva traduzione, chiarì che l'incidente avvenne alle 21.20. È da lì che abbiamo capito che i conti non potevano tornare. C'erano oltre 5 ore di differenza tra il primo incidente e il secondo. Dal rapporto dell'Imo tutto ciò si capisce perfettamente». Solo che le autorità indiane, per mesi, hanno negato l'incidente della nave greca. Perché? «C'erano ragioni ben precise e l'India aveva tutto l'interesse a manipolare i fatti. Si doveva trovare un capro espiatorio e i marò erano perfetti per questo. Siccome non potevano quadrare gli orari, la polizia del Kerala, con l'aiuto della Guardia costiera, cercò di far sparire le prove e cambiò tutti gli orari, imponendo anche a Freddy Bosco di ritrattare per 4 volte». Lei racconta che gli indiani, nei giorni successivi all'incidente, si inventarono una ricostruzione di sana pianta. Che dissero? «Ciò che c'era scritto sulla newsletter della Guardia costiera che, con toni trionfalistici, additò i fucilieri di Marina come colpevoli e, adattando gli orari a suo piacimento, costruì una storia inesistente, facendo capire che i fatti che hanno riguardato il St. Antony erano avvenuti 3 ore prima. Solo che i conti non tornavano, perché in una mail giunta tempo prima al Tg5, l'armatore indicava gli orari precisi dei fatti e del rientro in porto della Lexie». Perché i fatti furono distorti? «Per motivi politici. Il 17 marzo 2012 ci sarebbero state le elezioni del distretto del Kerala. Il primo ministro Chandy aveva lì 71 seggi su 140, quindi la maggioranza per solo un seggio. Quale occasione più ghiotta di quella per mostrare il pugno duro e vincere le elezioni? Grazie all'arresto dei due marò ottenne 12mila voti». E l'analisi balistica che disse? «Fu fatta dal medico Sasikala, che disse che i fori sui corpi dei due pescatori non corrispondevano con i proiettili dei fucili di Latorre e Girone. Peraltro i colpi venivano dal basso e non da un'inclinazione diversa (come quella della Lexie, appunto). Magicamente il dottore, dopo qualche tempo, sparì e si rifiutò di fornire ulteriori indicazioni. Un'altra falsa perizia balistica, invece, dava per certo che a sparare fossero stati i due fucilieri». Quali altre cose furono cambiate? «Oltre all'orario anche la distanza. Bosco disse che stavano pescando a meno di 12 miglia dalla costa, in acque indiane e che stavano dormendo, poi ritrattò e disse che si muovevano. Nel rapporto della Lexie si parla di 20.5 miglia dalla costa, ovvero in acque di zona economica di esclusiva, comunque non territoriali. Le internazionali arrivano a 24 miglia. In ogni caso, il St. Antony poco dopo la vicenda fu affondato». Quindi chi uccise i pescatori? «I pirati che attaccarono la nave greca. Spararono dal basso, lo dimostrano i fori sui corpi». Quale pensa, quindi, potrebbe essere una soluzione al caso? «L'unica possibile: i marò sono innocenti. Il governo italiano deve far presente la manipolazione e spiegare all'India che se non rilascerà Girone immediatamente tutta la comunità internazionale e il miliardo e 200 mila persone che abitano in India (e che a causa dei media locali pensano siano colpevoli) sapranno ciò che hanno fatto. L'arbitrato è solo un'arma di distrazione di massa usato dai due governi per coprire i guai che hanno combinato in tre anni. L'Italia ha sbagliato da subito ad accettare la giurisdizione indiana, chinandosi ai voleri dell'India». di Chiara Giannini