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Napolitano, no alla tentazione Pd: "Voto anticipato? Lo decido io"

Giulio Bucchi
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  Altolà di Giorgio Napolitano al Pd e a ogni tentativo di tornare al voto in autunno. Si va avanti, almeno finchè a dire basta al governo Monti e alla legislatura non sarà il Quirinale. Il messaggio, forte è chiaro, interviene nella polemica fortissima tra Partito democratico e Pdl sulla riforma della legge elettorale. Lunedì mattina, in un'intervista all'Unità, la presidentessa democratica Rosy Bindi aveva avvertito Silvio Berlusconi e i suoi: "Sappiano che, se continuano così, per il bene del Paese siamo pronti ad andare a votare anche con  questa legge elettorale che detestiamo". Il sottinteso era: al 2013 il governo non ci arriva. "In quanto a ipotesi che appaiono sulla stampa di possibile anticipazione delle elezioni politiche normalmente previste per il prossimo aprile - recita la nota ufficiale del Colle - ritengo di dover sollecitare la massima cautela e responsabilità in rapporto all'esercizio di un potere costituzionale di consultazione e decisione che appartiene solo al Presidente della Repubblica". Una doccia gelata per tutti coloro che utilizzano il dibattito sulla legge elettorale per fare pretattica elettorale. La nota del Colle - Il richiamo di Napolitano è quello, in verità, ascoltato da settimane, mesi: un forte appello, cioè, "a un responsabile sforzo di rapida conclusiva convergenza in sede parlamentare", constatando però come "a distanza di oltre 20 giorni lo sforzo da me sollecitato con lettera del 9 luglio non abbia purtroppo prodotto i risultati attesi". "Altre settimane - sottolinea Napolitano - sono trascorse senza che abbia avuto inizio in Parlamento l'esame di un progetto di legge elettorale sulla base dell'intesa, pure annunciata come imminente da parte dei partiti rappresentanti attualmente la maggioranza e aperta al confronto tra tutte le forze politiche. L'ipotesi che avevo prospettato all'inizio di luglio ai presidenti delle Camere, perché la ponessero all'attenzione dei presidenti dei gruppi parlamentari, era quella della formalizzazione di un testo di riforma largamente condiviso, anche se non definito su alcuni punti ancora controversi. Ma nei giorni scorsi anziché chiarirsi e avvicinarsi, le posizioni dei partiti da tempo impegnati in consultazioni riservate, sono apparse diventare più sfuggenti e polemiche". La conclusione della nota sa un po' di già sentito: "Debbo dunque rinnovare il mio forte appello a un responsabile sforzo di rapida conclusiva convergenza in sede parlamentare. Ciò corrisponderebbe con tutta evidenza al rafforzamento della credibilità del paese sul piano internazionale in una fase di persistenti gravi difficoltà e prove".  Mediazione difficile -  La sensazione, però, è che la strada sia ardua. Nonostante la mediazione di Pierferdinando Casini (il più interessato a cambiare il Porcellum tenendo però in vita l'opzione di un Monti Bis e di una grande coalizione), Pdl e Pd sono distanti, distantissimi. Berlusconi tende la mano alla Lega pensando a un proporzionale "corretto" con circoscrizioni, con premio di maggioranza del 10% e soglia di sbarramento bassa, al 4 o 5 per cento. E sulle preferenze, il Cavaliere sembrerebbe avvicinarsi a Casini (con un occhio a Maroni). Ma il segretario democratico Pierluigi Bersani continua a dire no al premio di maggioranza al partito preferendo solo quello alla coalizione vincente. "Per noi il premio è fondamentale - sottolineava la Bindi - perché vogliamo che nel futuro ci sia effettiva governabilità. Allora è decisivo se il premio va al primo partito o alla coalizione". Quindi l'accusa al Pdl: "Sa di perdere e ha bisogno di una legge elettorale che o condanni il Paese all'ingovernabilità o costringa alle larghe intese. Nell'ultimo come nell'altro caso, non farebbe bene all'Italia". Rieccola, la teoria dei pozzi avvelenati. Come sempre quando i giocatori si devono mettere al tavolo per stabilire le regole delle prossime partite.   

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