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G8, promesse e aria fritta: basta, aboliamolo

Giulio Bucchi
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Ce chi ne fa questione di etichetta, d'immagine, di bon ton. Al G8, festa dei potenti del mondo, i suddetti potenti devono recarsi in abito formale, in giacca e cravatta. Non inganni il contesto bucolico in Irlanda del Nord, sottolinea il Giornale: l'occasione è seria, non siamo ad un Aspen qualunque (e un po' troppo casual), e dunque meglio avrebbero fatto Obama, Cameron, Putin e compagnia a darsi un tono. In fondo, le cafonate non si addicono ai leader mondiali. Il problema, naturalmente, è un altro e ben più grave. E non riguarda, come un po' demagogicamente si ripete, il "costo" di questi summit esclusivi o presunti tali. Basta pensare che, sotto il pressing della crisi, il padrone di casa Cameron ha deciso di ospitare sì delegati e giornalisti nella blindatissima contea di Fermanagh, ma a spese loro: 1.200 euro per i primi, 600 per i secondi. Spiccioli, si dirà, ma proprio come per la camicia slacciata sono sintomi, o forse segnali lanciati all'indirizzo di un'opinione pubblica sempre più disillusa (o inferocita). Eccolo, però, il punto: i G8 forse per necessità vivono sempre più e soltanto di simboli, segnali, slogan. Gli ultimi, in ordine di tempo, sono "lotta all'evasione fiscale" e "politiche per i giovani". Sarà che siamo italiani, e che questi proclami ronzano tra microfoni e giornali senza sosta da anni, ma il dubbio è legittimo: ci si può fidare di un consesso di "leader" non in grado di prendere, in alcuna sede istituzionale, una posizione condivisa sulla crisi, sia essa economica, politica (la Turchia), militare e umanitaria (la Siria). Le tre T (taxation, transparency, trade) nascondono numeri reali e non facilmente percepibili dai "non big": per esempio, i soldi "nascosti" nei paradisi fiscali oscillano tra i 20.000 e i 32.000 miliardi, di cui 12.000 in Europa (dal Lussemburgo ad Andorra), mentre secondo il Tax Justice Network sono 3.000 i miliardi di dollari sottratti al fisco. Sarebbero invece 160 i miliardi di dollari di tasse che le grandi multinazionali negano ai Paesi in via di sviluppo. La battaglia degli "spioni globali" avrebbe anche un senso. Peccato che mentre Obama, Letta e Merkel sorridevano e annunciavano la rivoluzione, il Parlamento della Svizzera (per la precisione il Consiglio Nazionale, la Camera bassa) abbia bocciato l'intesa con gli Stati Uniti sul segreto bancario. La risposta alla domanda posta pocanzi, allora, è quasi scontata: cravatta o no, i G8 sembrano sempre più una fiera della vanità, una sfilata di buone intenzioni dentro una cupola di vetro, mentre fuori il mondo brucia.

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