"Avanti così ancora un po'e l'Euro salta per aria"
Il libro di Antonio Pilato analizza le crisi del debito. Con la fine delle divise nazionali, la svalutazione passa dalle monete ai salari deboli. E così...
Pubblichiamo stralci del quinto capitolo di "Sovranità dimezzata" di Antonio Pilati (Ibl-Il Foglio, ag. 92, Euro 10) La fragilità europea condiziona la ripresa economica nella gran parte dei mercati e indebolisce sul piano politico le democrazie occidentali. È una condizione che dura da anni, ma i leader continentali, in questo rilevante lasso di tempo, non hanno mai messo a fuoco il tema dei fattori che rendono più acuta in Europa la crisi mondiale e si sono limitati a inefficaci, o addirittura nocivi, interventi di manutenzione. Tre ragioni principali spiegano la fragilità attuale delle economie europee. C'è un motivo di base legato allo sviluppo dell'economia globale: il crescente affollamento dell'arena competitiva mondiale (ascesa dei Brics, vitalità del Sudest asiatico) deteriora le posizioni europee, toglie clienti e mercati, obbliga a rincorse per tagliare i costi. [...] Esiste un secondo fattore, di taglio politico, che aggrava il riflusso economico. Con l'incremento delle tensioni atlantiche, che seguono la fine della minaccia sovietica e il dissolversi della disciplina nel campo occidentale, anche in Europa prevale la tendenza – innescata delle nuove potenze economiche in ascesa – a concentrarsi sugli interessi nazionali. [...] Ma il fattore di debolezza oggi più visibile e più influente è un altro, di natura giuridica e strutturale. Il disegno della moneta unica si rivela pieno di difetti e contribuisce ad aggravare la crisi. Pensato per tempi stabili, come strumento di coesione fra Stati, l'impianto dell'euro oggi si rivela inadatto alle turbolenze della crisi e di fatto agisce come moltiplicatore degli squilibri già esistenti. Con la fine delle singole valute nazionali, il governo della moneta si centralizza in una sola istituzione che ha sede – non per coincidenza – a Francoforte e che, per impianto ideale, segue una linea di autolimitazione dei poteri: il principale tema operativo è l'inflazione, la deflazione non è materia considerata, interventi nella gestione del debito pubblico sono in prima opzione esclusi o, se necessitati, tenuti al minimo possibile. [...] Nei tempi normali il deficit dei poteri non è avvertito: il debito degli Stati è sostenuto da un capitale di fiducia così ampio che nessuno chiama il bluff. [...] I Paesi deboli, a causa o di un apparato produttivo insufficiente o di uno stock di debito troppo grande, perdono spazio di manovra e guadagnano obblighi: la moneta unica azzera la leva della svalutazione nazionale e incorpora un cambio elevato grazie alla forza dell'economia leader. Costretti a scambiare la duttilità della politica con la rigidità degli algoritmi che chiedono a breve il taglio il deficit e il decumulo del debito, gli eurodeboli sono consegnati a politiche deflattive che ne massacrano la base industriale. L'esito obbligato è una svalutazione che, non potendo esplicarsi all'esterno, colpisce all'interno: i redditi calano, i prezzi (al netto dei rincari da materie prime) stagnano, la produzione si restringe. Al contrario i Paesi più forti, in primis la Germania, godono sia di un cambio sottovalutato sia di tassi ridotti al minimo per finanziare titoli di debito pubblico e investimenti privati. Con l'aumento delle distanze fra i Paesi la solidarietà svanisce e il sostegno popolare all'Europa, da tempo scarso, si dissolve. Un impianto politico-giuridico, disegnato per creare convergenza e imbrigliare in una trama di integrazione la forza tedesca, alla fine accentua i divari fra i Paesi, separa da sé l'opinione pubblica, rafforza il primato della Germania. La crisi europea oggi è a un punto drammatico, forse di non ritorno. I popoli hanno perso fiducia nell'idea europeista: tagliati fuori dalle strategie e dalle scelte delle élite giuridiche [...] hanno reagito all'inizio con fastidio (i referendum falliti) e ora con vistosi rifiuti. [...] Senza un netto e visibile cambio di rotta l'euro, di cui ormai diffidano sia i popoli sia i mercati, sembra destinato al break up. di Antonio Pilati