Argentina-Germania, di Papa ne resterà soltanto uno
E poi dicono che la Chiesa ormai non conta più nulla. Il potere temporale sarà anche tramontato, ma quello calcistico è più vivo che mai. Tra Eupalla - divinità di breriana memoria - e il Vaticano il feeling esiste, eccome; i santi dall'alto dei cieli non solo guardano con occhio particolare i rimbalzi della sfera più terrestre che ci sia, ma, a quanto pare, li indirizzano pure. La finale mondiale sarà infatti una sfida Argentina-Germania. Che è come dire Francesco contro Benedetto XVI; il papa titolare, che ha acceso nuovi entusiasmi specie in partibus infidelium, contro quello che ha chiesto a sorpresa la sostituzione e si è messo in panchina a guardare come va a finire il match; il pontefice tifosissimo del San Lorenzo di Almagro (vincitore, guarda un po' il caso, a dicembre 2013 del Torneo Inicial) - che a scuola palleggiava con l'appena scomparso Alfredo Di Stefano - contro quel cardinale Ratzinger (nulla a che vedere con Reiziger, il bidone olandese del Milan) che nel 1985 interpretava il calcio come «un tentato ritorno al Paradiso»; il gesuita bonaccione che sembra avulso dal gioco («Chi sono io per giudicare?»), epperò ti frega con un'invenzione al primo contropiede non appena hai allentato il ritmo, contro il teologo dogmatico che avanza a pieno organico, tomi di San Tommaso alla mano, a tavoletta anche sul 7-0; il Santo Padre venuto in Europa dalla fine del mondo a miracol mostrare come Lionel Messi contro Seine Heiligkeit venuta a lavorare nella vigna del Signore con teutonica precisione come Thomas Müller. Insomma, domenica prossima al Maracanà di Rio de Janeiro andrà in scena una «partita divina» e sarà «guerra santa»… Del resto, già nel cammino verso la finale le due nazionali hanno dimostrato di avere dalla loro aiutini in alto loco. Romero, paperone malsopportato alla Sampdoria, ha parato due rigori all'Olanda, e il palo colpito dallo svizzero Dzemaili all'ultimo minuto degli ottavi ancora trema; il vecchietto Klose ha superato Ronaldo nella classifica dei marcatori mondiali (e ditemi voi se non è un miracolo questo...), il grande Brasile pentacampeão massacrato quasi fosse un qualsiasi Südtirol, mentre anche Maometto, già bistrattato a Ratisbona, ha dovuto cedere il passo al fianco degli algerini. Ora ci mancherebbe giusto la Seleccion campione del mondo con una rete dell'interista Ricky Álvarez subentrato a uno stanco Messi; oppure il trionfo della Mannschaft grazie a una magia in acrobazia del difensore Mustafi (un altro sampdoriano). Di sicuro, comunque, c'è solo una cosa: come degli immortali del film Highlander, il 13 luglio di papi ne resterà soltanto uno, braccia sollevate a esultare. Alla faccia dei dibattiti teologici su chi sia tra i due il vero pontefice, lo deciderà la dea Eupalla di cui sopra. Molto più affascinante, nel suo imperscrutabile dimenarsi, dei sottili esperti di diritto canonico. di Miska Ruggeri