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Renzi gioca d'azzardo coi nostri soldi

Se abbasserà le tasse Matteo zittirà tutti. Ma legare i 10 miliardi di risorse necessarie a uno spread «benevolo» e alla crescita impetuosa del Pil assomiglia a una scommessa molto rischiosa. Se la perde, ci rimettiamo tutti

Maurizio Belpietro
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Matteo Renzi è uno straordinario giocatore d'azzardo, che ama le puntate forti e soprattutto i bluff. Tuttavia, nonostante la sua passione per le sfide, stavolta rischia grosso perché si è giocato tutto. La scorsa settimana, visitando una scuola siciliana, il presidente del Consiglio aveva annunciato che mercoledì avrebbe tagliato le tasse sul lavoro. Ieri, presentandosi in conferenza stampa il premier ha invece «solo» riannunciato che le tasse le taglierà. Certo, rispetto a sette giorni fa ha detto di quanto le ridurrà e quando, ma ai giornalisti e agli italiani non ha potuto consegnare il testo del provvedimento. Il Consiglio dei ministri tenutosi poco prima dell'incontro con la stampa, infatti, non ha licenziato un decreto che riducesse le imposte né ha varato qualcosa di immediatamente esecutivo: ha semplicemente preso atto delle intenzioni del capo del governo e dei suoi impegni. Intendiamoci: Renzi quei tagli li farà. Ormai li ha annunciati e dunque non può più fare marcia indietro, pena perdere immediatamente la faccia di fronte al Paese. Con la testardaggine e la spregiudicatezza del giocatore, il presidente del Consiglio andrà avanti a testa bassa, sapendo che, nel caso arretrasse, la testa la perderebbe subito. Noi dunque non dubitiamo del fatto che i lavoratori dipendenti che guadagnano meno di 25 mila euro avranno 80 euro in più in busta paga a partire dalla fine di maggio. Abbiamo piuttosto dubbi su come verrà coperta una riduzione fiscale che vale 10 miliardi. Ai cronisti che gli ponevano domande Renzi ha detto che parte di quei soldi arriverà dalla spending review, cioè dai tagli alla spesa statale. Mettendo a dieta le amministrazioni pubbliche, il premier conta di ricavare 7 miliardi, almeno così ha spiegato. Peccato che pochi giorni fa il suo ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan fosse stato molto più cauto, parlando di 5 miliardi su base annua, ossia 3,5 miliardi quest'anno. E lo stesso ha ripetuto ieri in Senato il commissario alla spending review. Ma nonostante sia probabilmente assai più bassa di quanto annunciato in diretta tv, almeno questa è una cifra certa o per lo meno abbastanza certa, perché i tagli dipendono solo da Renzi, il quale per renderli esecutivi non deve fare altro che autorizzarli. Il resto dei fondi da destinare a copertura del taglio fiscale sulle buste paga invece è più ballerino, a cominciare da quello derivante dalla riduzione dello spread. Con il tasso attuale è possibile che lo Stato risparmi una parte degli interessi sul debito pubblico, ma prevedere che lo spread resti quello attuale per tutto l'anno e anche per il futuro è un azzardo, in quanto, come abbiamo visto, i tassi sono volatili, mentre la riduzione delle imposte è strutturale. Non solo: Bruxelles considera certa una posta di bilancio quando è realizzata, non quando è prevista. Dunque Matteo gioca d'azzardo, forza la mano, annuncia di aver fatto ciò che non è ancora in grado di fare. Da valutare a consuntivo anche il famoso extra deficit, che secondo Renzi lascerebbe nelle casse dello Stato 6,4 miliardi. Per il premier avere un deficit inferiore dello 0,4 per cento rispetto al tetto del 3 per cento imposto dall'Europa consente di spendere un po' di soldi. In realtà lo 0,4 c'è solo se l'Italia cresce dell'1,1 per cento come previsto, ma se il Pil invece rallenta quei soldi spariscono. E, dato che proprio nei giorni scorsi il ministro Padoan ha detto di stimare più verosimile una crescita dello 0,8 (ma l'Fmi ritiene che sarà lo 0,5), c'è il rischio di arrivare a un 3 per cento di deficit. Dunque, il tesoretto su cui fa conto il presidente del Consiglio potrebbe prendere il volo. Insomma, da questi pochi dati (i testi dei provvedimenti non sono stati consegnati e quindi bisogna appigliarsi alle frasi dette in conferenza stampa) si capisce che quella di Renzi è finanza creativa: l'ex sindaco sta puntando fiches che non ha. Rompendo gli schemi, i rituali e anche le resistenze della burocrazia, il capo del governo si gioca tutto, senza paracadute e senza possibilità di ritorno, nella speranza che l'urto serva a far smuovere l'economia e l'occupazione. Forse è giusto così, forse è il solo modo di rompere l'accerchiamento dei ragionieri di Bruxelles. E forse, come ogni buon giocatore d'azzardo, alla fine vincerà lui contro ogni previsione e ogni buon senso. Una cosa però deve essere chiara ed è che con la sortita di ieri, il presidente del Consiglio si gioca i nostri soldi e, vista la situazione, non c'è che da augurarsi che gli vada bene, perché altrimenti altro che ultima spiaggia: finiremo l'ultimo cent. PS. Annunciando le misure che nei prossimi giorni o nelle prossime settimane dovranno essere varate, il premier ha detto che i tagli alle tasse non saranno finanziati da nuove tasse. Non è vero: una nuova tassa già spunta ed è l'aumento della tassazione sulle rendite finanziarie, la cui imposta passa dal 20 al 26 per cento. Così ci allineiamo all'Europa, è quanto sostiene il segretario del Pd. Anche questo non è vero: se si somma la nuova aliquota all'imposta di bollo introdotta da Mario Monti e ribadita da Enrico Letta, le tasse sul capital gain arrivano al 36 per cento, molto di più di quanto si paga all'estero. Il rischio è che alla fine gli imprenditori prendano altre vie e mettano i soldi in altre Borse. Così non solo incasseremo meno soldi di quelli previsti, ma avremo anche meno investitori. Quel che si dice: oltre il danno, la beffa. di Maurizio Belpietro @BelpietroTweet

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