A Venezia la mostra plurale "Le Grand Jeu" sul fotografo francese

Cinque sguardi sullo Sguardo: Cartier-Bresson a Palazzo Grassi

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Venezia, 8 lug. (askanews) - Cinque sguardi d'autore sul lavoro del più celebre fotografo del Novecento, per costruire una mostra che è cinque mostre, senza però perdere un'idea di unità. Palazzo Grassi, per la riapertura dopo l'emergenza Covid, presenta la grande esposizione "Henri Cartier-Bresson. Le Grand Jeu": partendo dalla selezione delle 385 immagini che il fotografo ha scelto nel 1973 come le sue più significative, il curatore Mathieu Humery ha chiesto al collezionista Francois Pinault, alla fotografa Annie Leibovitz, allo scrittore Javier Cercas, al regista Wim Wenders e alla conservatrice Sylvie Aubenas di selezionare a loro volta le immagini per loro più significative di Cartier Bresson.

"Invece di avere ancora un punto di vista singolo - ha spiegato Humery ad askanews - l'idea è di averne cinque diversi, e ciascuno è molto personale, perché siamo tutti esseri umani diversi. Quindi volevamo qualcosa di molto individuale, ma al tempo stesso volevamo un punto di vista specifico, che fosse in grado di definire qualcosa di assai preciso che il pubblico fosse in grado di riconoscere".

Ogni curatore ha scelto sia le immagini sia l'allestimento, e così all'interno del palazzo veneziano si alternano, oltre agli sguardi, anche le luci, i colori alle pareti, i momenti psicologici associati a un certo tipo di fotografie piuttosto che ad altre. E qui, in questa libertà apparentemente disomogenea, si trova invece l'unità della mostra, che è metodologica e che, ovviamente, ruota intorno all'idea di un Grande Gioco.

"Ogni curatore - ha aggiunto Humery - ha scelto una cinquantina di foto, senza sapere quali gli altri avrebbero selezionato. Questo è piuttosto interessante, perché si possono avere immagini ripetute due, tre o quattro volte. Io non ho dato alcuna indicazione, ho solo voluto discutere con loro per provare a capire ciò che avevano in mente per poi tradurlo in un modo per esporlo".

Le fotografie di Cartier-Bresson sono notissime, ma qui, nella peculiarità degli accostamenti, nelle, per così dire, affinità elettive che i curatori hanno individuato, sembrano assumere una luce diversa, più ricca e rotonda. In sostanza passano da icone singole a tessere di un più ampio mosaico, fatto di storia, cultura, vita quotidiana. Intrecciate in maniera profonda e, per usare un aggettivo caro al fotografo francese, decisiva.

"Qui si scoprono diversi significati del lavoro di Cartier-Bresson - ha concluso Mathieu Humery - ma anche qualcosa di molto più personale: si usano le immagini di qualcun altro per descrivere la propria personalità".

E anche lo spettatore è chiamato a giocare, immaginando, alla fine della visita, quale avrebbe potuto essere la propria selezione di immagini. Il proprio ritratto attraverso lo sguardo di Cartier-Bresson.