La Madonna del Patrocinio di Durer torna a casa a Bagnacavallo
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Bagnacavallo, 21 dic. (askanews) - Un camion si ferma nei pressi del Museo Civico delle Cappuccine. Due tecnici scaricano con cura una cassa, che poi fa il suo ingresso nelle sale scortata anche dalle autorità locali. Quindi, con la dovuta attenzione, si comincia a lavorare per aprirla e, alla fine, svelarne il prezioso contenuto. Siamo a Bagnacavallo, in provincia di Ravenna, e dalla cassa è uscita la "Madonna del Patrocinio" di Albrecht Durer, dipinto rinascimentale che torna nel luogo in cui era stato a lungo conservato come oggetto devozionale anonimo per le monache di clausura, prima di essere venduto e avere lasciato Bagnacavallo nel 1969. E ora il ritorno a casa, grazie alla collaborazione tra la città romagnola e la Fondazione Magnani-Rocca, con una esposizione nel Museo delle Cappuccine fino al 2 febbraio 2020, con la curatela di Diego Galizzi. "E' una piccola opera - ha spiegato il curatore ad askanews - nella quale si stratificano diversi significati, un capolavoro artistico innegabile che siamo orgogliosissimi di ospitare qui. Ma è portatore di diversi significati civili e, naturalmente, anche devozioni e religiosi. E' stata un'immagine miracolosa per Bagnacavallo e per le monache che vivevano in questo complesso e quindi la città riabbraccia questa immagine miracolosa che era stata venduta come oggetto d'arte esattamente 50 anni fa, uscendo da Bagnacavallo alla chetichella, come dicono i documenti, senza che nessuno la potesse vedere. Insomma, è una sorta di risarcimento alla città quello che noi vogliamo mettere in campo con questo progetto culturale". Per i bagnacavallesi si tratta della prima volta in cui sarà possibile ammirare, gratuitamente, la "Madonna del Patrocinio", cui il museo ha dedicato una specifica sala espositiva, a pochi passi da un'altra importante esposizione dedicata a Durer e al suo straordinario lavoro grafico, con in mostra alcuni cicli entrati nell'immaginario collettivo, come quello dell'Apocalisse. Interessante anche il titolo, "Il privilegio dell'inquietudine", che ci parla di come anche l'arte classica spesso veicoli emozioni che riteniamo esclusive della modernità".