Il docufilm di Segre
"Ragazzi di stadio": dai Fighters ai Drughi, 40 anni di tifo juventino al cinema
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All’anteprima del film “Ragazzi di stadio - 40 anni dopo” di Daniele Segre, presentato nella sezione Festa Mobile del Torino Film Festival, la proiezione è stata blindata dalla polizia. In sala, strapiena, alcuni dei protagonisti sono stati “tenuti d’occhio” dagli agenti in borghese. Si è trattato dei temibili “Drughi” del secondo anello della Curva sud, a cui Segre ha lasciato raccontare, senza alcun filtro né censura, la loro militanza calcistica vissuta come autentica fede. Senza compromessi e senza rimpianti, nemmeno per le famiglie distrutte o per il posto di lavoro perso, gli ultras bianconeri hanno raccontato davanti alla telecamera, immersi nel loro mondo, cosa ha significato essere supporter della squadra abituata ad essere “campione d’Italia”. Hanno raccontato la storia di decenni di militanza calcistica, i segni di riconoscimento distintivi, l’abbigliamento, le coreografie, gli scontri e i provvedimenti restrittivi subiti, dal Daspo al carcere. Ma le loro interviste, dai leader storici alle nuove leve, sono state la prova plastica che nessun impedimento, affetto, consiglio, nessuno scontro verbale o fisico è riuscito a frenare una passione che si carica di significati extra calcistici nuovi, finendo col trasformarsi in un legame di affetti - una seconda famiglia - per gli appartenenti alla tifoseria estrema della curva. Segre ha spiegato come mai, tanti anni dopo, è tornato con la sua telecamera - la prima in Francia ad entrare nel mondo dello stadio - sul “luogo del delitto”. Ovvero, sugli spalti degli unici tifosi italiani che non hanno gemellaggio, perché considerano tutti antagonisti. “Sono tanti 40 anni e devo ringraziare il gruppo dei Drughi che mi hanno dato fiducia e mi hanno fatto entrare nel loro mondo – ha commentato Segre, già autore di “Il Potere deve essere bianconero” (1977) e “Ragazzi di Stadio” (1980) - Sono stati molto leali e corretti e io ho cercato di ricambiare”. Dai Fighters di Beppe Rossi, storico leader carismatico, ai Drughi di oggi, molte cose sono cambiate nel mondo della tifoseria e, soprattutto, è scomparsa “l’immagine poetica della curva”. Anche se la passione che anima gli ultras sembra rimanere intatta. Tra cinema del reale e sociologia, l’ambizione del film è raccontare il popolo della curva juventina per raccontare le trasformazioni di un’intera società. La curva è un mondo che non rinnega lo sfottò razzista, la violenza per il piacere dello scontro fisico ma, come ammette uno dei protagonisti, non accade lo stesso, tutti i giorni, sugli schermi televisivi e nella vita reale? Ad ogni spettatore l’ardua risposta. di Beatrice Nencha