In Congo

L'intervista a papà Kyenge: "Sono un re sacro"

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E' capotribù dal novembre 1984, quando ereditò dal nonno il ruolo di guida della sua comunità nel Congo insieme allo stesso nome di Kyenge. Parla a favor di camera con i simboli della regalità in bella vista (corona con denti di leone e leopardo, ascia di guerra e scettro con code di antilope). Spiega in francese gli attributi del monarca nella sua civiltà, i riti che ne accompagnano il lavoro. E' Kikoko (o Kikongo) Kyenge, il padre di Cecile, attuale ministro per l'Integrazione della Repubblica Italiana. L'intervista, a cura dell'Agenda Interculturale, è vecchia di due anni e risale a quando la figlia del capotribù (Kyenge significa proprio questo, come spiega lui stesso) era ancora un semplice medico oculista e non era ancora stata investita dal Pd della guida di un dicastero. E' un re "al di sopra del popolo" il babbo della ministra - che già fece parlare di sè quando si esibì in un esorcismo per liberare Roberto Calderoli dal demonio -, media i suoi sudditi e gli spiriti degli avi, che a loro volta portano a dio le preghiere di Kyenge. Come animale guida si è scelto la chioccia che protegge i suoi pulcini, guida delle liturgie in onore dei capitribù morti incensando termitai sacri ("le termiti portano la terra del sottosuolo - spiega - dove riposano gli avi, in superficicie dove siamo noi vivi"). E non punta mai il dito verso il cielo: "Lì c'è un dio invisibile che potrebbe offendersi - racconta -. Per questo indico il cielo solo con la coda di antilope").