Il racconto alla polizia
Chloe Ayling, la modella rapita a Milano: "Al sequestratore ho detto che avremmo fatto sesso dopo"
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"Ho promesso di far sesso con lui quando la vicenda si sarebbe conclusa". È uno dei passaggi che la 20enne modella inglese Chloe Ayling ha fornito alle autorità italiane sul suo misterioso rapimento avvenuto a inizio luglio a Milano. Secondo quanto riporta il tabloid britannico Daily Mail, sarebbero stati cinque gli uomini coinvolti nel sequestro, organizzato dal polacco residente a Londra Lukasz Herba, finora l'unico arrestato. Il rapporto tra Chloe e i suoi carcerieri desta alcuni dubbi. "Herba - ha spiegato la modella - mi osservava mentre facevo la doccia", le ha comprato cioccolatini e biancheria. "Ha tentato diversi approcci sessuali con me, ma l'ho sempre bloccato, rimandando al futuro una conoscenza fisica. Gli ho fatto credere che saremmo potuti diventare amici più intimi, quando la storia del rapimento si fosse conclusa. Ho sempre condiviso il letto con qualcuno, ma non mi hanno mai molestato o chiesto favori sessuali". Una versione questa che potrebbe cozzare quella fornita dal polacco, che ha spiegato alla polizia di aver rapito la ragazza per conto di una organizzazione di criminali online con l'obiettivo di guadagnare tanti soldi in poco tempo perché "gravemente malato di leucemia". Evidentemente, la prospettiva di medio termine di una storia d'amore lo avrebbe trattenuto dal compiere gesti violenti (insieme alla paura di una ritorsione da parte dell'organizzazione criminale). Dopo essere stata drogata (con l'ago che avrebbe trapassato il giubbino di pelle), la Ayling sarebbe stata trasportata per 30 minuti rinchiusa in un borsone nel bagagliaio dell'auto diretta in un casolare vicino a Torino, dov'è stata tenuta segregata per 6 giorni. Al suo arrivo, ha raccontato, le hanno allentato i fili che le legavano polsi e caviglie, mentre dalla seconda notte le hanno liberato le gambe. Herba poi le ha assicurato che sarebbe stata liberata presto, portandola poi a comprare scarpe in un negozio. Particolare questo che ha destato più di un sospetto: perché non ha tentato di fuggire o chiedere aiuto, a quel punto? "Mi rendo perfettamente conto che andare ad acquistare le scarpe con il rapitore è un non senso - ha messo a verbale Chloe - ma come ho detto aveva promesso di liberarmi e dopo giorni e giorni in cui ero rimasta isolata e terrorizzata vedevo l'acquisto delle scarpe come un passo verso la libertà". Decisivo, per la liberazione, il fatto che Chloe sia mamma, e quindi non vergine come richiesto dall'organizzazione che l'avrebbe messa all'asta per venderla a facoltosi uomini arabi. "Non dovevo essere rapita perché il capo aveva visto il mio profilo di Instagram. Alcune foto mi mostravano in compagnia di mio figlio e questo era in contrasto con le regole dell'organizzazione".