Il report
Viminale, dalle zone rosse espulsi 700 stranieri: il record a Milano, 447 cacciati
A sinistra le zone rosse, le aree con i controlli rafforzati istituite dal ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, le vedono come il fumo negli occhi. Del resto se a dare il là alla polemica sul tema dei presidi in piazza è la giunta comunale di Milano, quella di centrosinsitra guidata dal sindaco, Beppe Sala, impegnata a multare i fumatori più che a controllare gli immigrati, non c’è da stupirsi. Anzi, trattasi dell’ennesima conferma di come la sicurezza non sia una priorità per l’opposizione del governo guidato da Giorgia Meloni, ma solo una questione marginale. Invece il nodo del controllo de territorio, come confermano i dati elaborati dal Ministero dell’Interno, guidato da Matteo Piantesosi, relativo alle zone rosse, è una vera e propria emergenza. Da quando sono state istituite (il dato riguarda Bologna, Firenze, Milano, Napoli, Roma, Udine, Trieste, Frosinone, Torino e Catania) gli uomini delle forze dell’ordine hanno controllato oltre 100mila persone, il 44% delle quali straniere (più di 45mila). I provvedimenti di allontanamento emessi dalle questure e dalle prefetture sono stati quasi 1100, il 66% di questi riguardano immigrati (701). E meno male che le zone rosse non servivano a nulla.
Ma a rendere ancor più drammatico il quadro della sicurezza nel Paese, fra quella percepita e quella reale, sono i dati relativi ai crimini commessi e ai motivi che hanno portato all’allontamento delle persone. Il traffico di stupefacenti e gli atti contro il patrimonio sono la predominante, e la quasi totalità è commessa da immigrati. Non va meglio con i crimini contro la persona, con la forte incidenza degli stranieri. Insomma, controllare il territorio delle città, con la costante presenza fisica degli uomini in divisa nelle aree di maggior criticità, aiuta le forze dell’ordine, almeno in parte, a prevenire i reati di strada, dagli scippi ai borseggi, facendo diminuire il senso d’insicurezza più volte lamentato dagli italiani.
Del resto che il tema della sicurezza sia legato alla gestione delle città, dalle periferie al centro, lo ha rimarcato anche l’ex sindaco di Roma e primo segretario del Pd, Walter Veltroni, con un suo intervento sul Corriere della Sera del 6 gennaio. «Le leggi, quelle che ci sono, vanno fatte rispettare. Da tutti, senza distinzione di passaporto. E se qualcuno le viola, rubando, scippando, aggredendo una ragazza o un anziano, non deve, dopo pochi giorni, essere in grado di farlo di nuovo», sostiene l’esponente dem, «non è accettabile che in tutto il Paese proliferino zone, quartieri, strade off limits, sotto il controllo di organizzazioni di spacciatori, di camorristi, di bande di ragazzi senza identità e speranze». E se tutto questo fa parte del dna del centrodestra, e non certo da oggi, a sinistra s’insiste nel denigrare e mortificare il lavoro delle forze dell’ordine, insistendo nel recitare la consumata litania dell’integrazione degli immigrati e delle politiche sociali da attuare al posto della «repressione».
Tutte belle teorie rimaste tali. Essendo teorie, appunto. Del resto il ricorso alle cosiddette “zone rosse”, come più volte spiegato dal Viminale e dallo stesso ministro Piantedosi, rientra nella più ampia strategia «volta a garantire la tutela della sicurezza urbana e la piena fruibilità degli spazi pubblici da parte dei cittadini». E se in città come Firenze, Trieste (in due settimane 640 stranieri controllati) o Torino, i controlli a carico di immigrati sono consistenti, significa che esiste una reale necessità di ristabilire l’ordine dei fattori. «Tali ordinanze», ricorda il Viminale, «sono particolarmente utili in contesti caratterizzati da fenomeni di criminalità diffusa e situazioni di degrado, come le stazioni ferroviarie e le aree limitrofe, nonché le “piazze dello spaccio”, dove sono già in atto le operazioni interforze ad alto impatto». Le misure del provvedimento, fortemento voluto dal ministro Piantedosi e recepito dai prefetti senza particolari criticità, vengono applicate anche in altre aree urbane rispetto a quelle storiche, come le zone della movida, «caratterizzate da un’elevata concentrazione di persone e attività commerciali e dove si registrano spesso episodi di microcriminalità (furti, rapine), violenza (risse, aggressioni), vandalismo, abuso di alcol e degrado». Con le zone rosse, insomma, la sicurezza inizia ad essere una certezza e non una variabile...