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Immigrazione, nove leader con Meloni: la linea dura fa breccia in Europa

Fausto Carioti

La svolta a destra sull’immigrazione non la vogliono solo gli Stati Ue governati dalla destra. Ieri, a Bruxelles, prima del vertice del Consiglio europeo, si sono riuniti in undici: dieci leader di altrettanti Paesi dell’Unione e Ursula von der Leyen, a conferma che il progetto è condiviso ai massimi livelli. Assieme a Giorgia Meloni, guidano la cordata altri due premier: l’olandese Dick Schoof e la danese Mette Frederiksen. Il primo è un tecnico che guida un governo sorretto da partiti di destra e centrodestra, la seconda appartiene alla famiglia dei Socialisti europei, la stessa del Pd. Con l’Ungheria di Viktor Orbán, la Polonia del popolare Donald Tusk e Svezia, Repubblica Ceca, Grecia, Cipro e Malta (quest’ultima rappresentata dal primo ministro Robert Abela, pure lui alleato del Pd in Europa), si sono dati appuntamento per introdurre nell’ordinamento dell’Unione nuovi strumenti con cui contrastare l’immigrazione irregolare, preso atto che quelli usati sinora hanno fallito.

Nella lettera che von der Leyen ha inviato nei giorni scorsi ai capi di Stato e di governo dei Ventisette sono chiamati «mezzi innovativi». Non per l’Italia, che è stata la prima ad adottarli. La presidente della Commissione s’impegna a studiare la creazione di centri per i rimpatri nei Paesi terzi, come ha fatto il governo di Roma in Albania. E a far produrre in tempi rapidi una lista Ue dei Paesi extracomunitari ritenuti «sicuri» sotto il rispetto dei diritti umani: sicuri quanto basta per potervi rimpatriare i migranti che provano ad entrare nell’Unione senza avere i requisiti per ottenere la protezione internazionale.

 

 

Pure in questo caso, l’Italia ha fatto da battistrada: l’elenco dei Paesi sicuri varato dal governo Meloni non è stato applicato dai magistrati italiani, che lo hanno sottoposto all’attenzione della Corte di Giustizia europea. L’interesse comune degli Stati Ue, ora, è avere il prima possibile una lista dei Paesi sicuri con impresso il sigillo di Bruxelles, in modo che i giudici delle rispettive nazioni non possano contestarla. Si tratta di scrivere regole europee per consentire rimpatri più rapidi, insomma, e quando possibile di trattenere gli immigrati irregolari al di fuori dei confini dell’Unione, mentre le loro domande di protezione vengono esaminate.

Durante la «riunione informale» tra i Paesi più convinti, questi progetti sono stati affrontati in dettaglio. Von der Leyen ha garantito che la Commissione fa sul serio, non saranno solo annunci: già a febbraio arriverà una nuova direttiva sui rimpatri. Meloni ha ribadito la necessità di andare veloci e si è soffermata sull’importanza di imboccare strade nuove per spezzare il «modello di business» dei trafficanti di esseri umani, garantendo comunque la dovuta assistenza a chi ha davvero diritto alla protezione internazionale. La presidente della Commissione e i leader che erano al tavolo con lei hanno concordato sulla necessità di «rafforzare» le definizioni di «Paese di origine sicuro» (quello i cui cittadini possono essere rimpatriati) e di «Paese terzo sicuro» (quello in cui il richiedente asilo, anche se non proviene da lì, avrebbe dovuto chiedere protezione prima di presentarsi in uno Stato Ue). Condivisa anche l’idea di creare «hub per i rimpatri», sul modello di quello fatto dall’Italia in Albania, e di incentivare i rimpatri volontari assistiti, collaborando assieme all’Alto commissariato Onu per i rifugiati e alla Organizzazione internazionale per le migrazioni. Su questi temi, i dieci leader si sono impegnati a muoversi di concerto.

Non è l’unica iniziativa interna alla Ue. Il premier svedese Ulf Kristersson, che appartiene a un partito affiliato al Ppe, ha confermato che domani, in Lapponia, ci sarà un vertice ancora più ristretto, al quale è prevista la presenza della premier italiana. «Gli hub per i migranti saranno un tema», ha spiegato Kristersson. «Andrò nella Finlandia del Nord con Giorgia Meloni e Kyriakos Mitsotakis», il primo ministro greco, «per discutere del dossier flussi sia al Nord che al Sud, da ciò che sta accadendo nel Mediterraneo alla strumentalizzazione del confine russo-finlandese». L’immigrazione incontrollata, insomma, non preoccupa solo i Paesi del sud Europa, e anche per questo a Roma non si sentono soli.

Durante il Consiglio dei Ventisette capi di Stato e di governo, invece, l’immigrazione è stata uno dei numerosi argomenti trattati, assieme alla prosecuzione del sostegno all’Ucraina in vista delle auspicabili trattative di pace, alla crisi in Medio Oriente e agli sviluppi della situazione in Georgia e Moldova, Paesi candidati a entrare nella Ue che stanno subendo forti interferenze politiche da parte della Russia. A Bruxelles, Meloni è stata colpita da una forma influenzale. Ha voluto partecipare comunque all’incontro sulle migrazioni e alla sessione del Consiglio Ue sul conflitto tra Russia e Ucraina, prima di accogliere l’invito degli altri leader a concedersi qualche ora di riposo in albergo. La sua partecipazione al vertice in Lapponia è quindi a rischio.