Chi incendia la città
Milano a ferro e fuoco? E il Pd si schiera con i migranti in rivolta
La rivolta nella banlieue di Milano, innescata dalla morte di un 19enne egiziano caduto dallo scooter mentre cercava di sfuggire ai controlli dei carabinieri dopo non essersi fermato all’alt, rappresenta solo l’epifenomeno della mancata integrazione dei giovani immigrati di prima e seconda generazione. Perché il tema vero, che riguarda la maggioranza delle periferie delle città italiane, è quello delle baby gang. O, se preferite, il rifiuto dei figli d’immigrati nel dichiararsi italiani. L’Italia, per loro, è solo un mezzo non il fine. E partendo proprio da questo ragionamento il vice premier, Matteo Salvini, ha sottolineato come vi sia «un problema drammatico su cui, come Lega, stiamo lavorando insieme ai sindaci, ma penso che anche il Parlamento dovrà prestare maggiore attenzione sulle seconde generazioni e le baby gang, figli di cittadini stranieri, ragazzi nati in Italia che però non si sentono parte di questo Paese». E proprio perché il ragionamento del leader della Lega vuole andare oltre i fatti di Milano, senza per questo sminuirne la gravità, Salvini sottolinea come il problema non riguardi «solo i 70 incappucciati che fanno barricate e danno fuoco a un quartiere a Milano (il Corvetto, ndr), ma anche le aggressioni quotidiane sui treni, le baby gang, le violenze contro le ragazze e il bullismo. Non sempre si tratta di cittadini stranieri, ma in buona parte sì, soprattutto per quanto riguarda le aggressioni sui mezzi di trasporto pubblico», sostiene il segretario leghista.
«Questa è un’emergenza nazionale. Per questo motivo, non possiamo permetterci di perdere nemmeno un poliziotto o un carabiniere. Serve anche che la giustizia faccia il suo corso», rimarca il ministro, «perché 70 teppisti che lanciano sassate contro i carabinieri non possono essere considerati semplicemente giovani esuberanti: è un crimine. È fondamentale che, quando le forze dell’ordine li arrestano, la giustizia non li faccia uscire tre ore dopo». Riflessioni, quelle di Salvini, già patrimonio comune dei dibattiti al bar o sui mezzi pubblici, soprattutto a Milano, per non dire dei social, dove la rivolta della banlieue del Corvetto ha prodotto una forte ondata d’indignazione. Tranne che a sinistra, dove la difesa d’ufficio dell’accoglienza un tanto al chilo e dell’integrazione come dogma sono intoccabili. Al punto da scatenare la reazione contro Salvini. A dare il là è Il capogruppo del Pd in Consiglio regionale della Lombardia, Pierfrancesco Majorino, in visita al quartiere Corvetto con la consigliera dem, Carmela Rozza. «Dobbiamo tutti far tesoro delle parole di Yehia Elgaml, padre di Ramy (il quale ha preso le distanze dalle violenze di questi giorni, cercando di far scendere la tensione, ndr). Le sue parole, che rifiutano e condannano ogni forma di violenza e sottolineano la necessità di ricercare la verità rispetto a quanto accaduto, sono un contributo importante».
Un modo, quello di Majorino, per sostenere (legittimandoli) gli immigrati di seconda generazione che hanno messo a ferro e fuoco Milano, invocando «la verità» per Ramy, avendo già condannano (loro, gli immigrati) i carabinieri della pattuglia che hanno inseguito i due nordafricani dopo che non si erano fermati all’alt. Una copertura politica mica da poco. Il commento più clamoroso è quello di Marina Melloni assessore Pd del Municipio 4 (quello del Corvetto) che intervistata dal Tg di Tv2000 dice testuale: «Comprendiamo la difficoltà del momento, comprendiamo la sofferenza per la perdita, di un amico, di un parente, di un fratello, di un figlio. Quindi la reazione, la comprendiamo». «Il Paese non ha bisogno di una narrazione che alimenti paure. È quello che fa il leader della Lega», rincara Luana Zanella, capogruppo di Avs alla Camera, «che ora ha trovato un nuovo target per i suoi comizi: “le baby gang di figli di cittadini stranieri”, come le chiama lui. Non si è accorto della marginalità che tocca i giovani e i giovanissimi di qualsiasi etnia, grazie ai suoi decreti repressivi e grazie alla assenza di politiche di prevenzione e assistenza? Pensiamo che se ne sia accorto, ma preferisca cavalcare la paura». Una paura che fra i residenti dei quartieri in mano agli immigrati, come il Corvetto a Milano, si tocca con mano per quanto è reale.
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«Il Ministro Salvini si occupa di tutto, tranne che di trasporti, per cui sarebbe pagato, e che versano in una situazione pietosa, attribuendo tutta la responsabilità alle “seconde generazioni”», tuona Ilenia Malavasi, deputata del Pd, «mai una riflessione in merito, mai una proposta che non sia di repressione, mai un pensiero costruttivo sul tema della povertà sociale, dell’emarginazione, delle periferie, situazioni che riguardano tutti gli italiani». Come se nelle grandi città, da Roma a Milano, passando per Firenze e Bologna, le amministrazioni comunali non fossero di sinistra. Ma la replica più dura arriva da parte di monsignor Gian Carlo Perego, presidente della Fondazione Migrantes. «Il fenomeno delle baby gang interessa alcune realtà, di italiani e non solo stranieri, e la vera emergenza nazionale è il problema educativo, con un abbandono scolastico molto più altro media europea», afferma il presidente della Commisione della Cei. «La vera emergenza è che sono stati messi troppi soldi sulla sicurezza e niente sull’integrazione», chiosa monsignor Perego, «la vera emergenza è il sistema poliziesco» con cui si affronta la questione migranti, «la vera emergenza è cambiare la narrazione e avviare processi dove la cittadinanza è un elemento importante perché se una persona si sente estranea non va bene».